Voltare le spalle è un gesto di estremo disprezzo, tendente a rimarcare contrasto, dissenso e lontananza.
Abbiamo visto in tv alcuni eurodeputati girati di spalle mentre in piedi, rivolta verso il centro dell’immensa aula, l’assemblea ascoltava l’Inno alla gioia di Beethoven (Freude…), considerato l’inno all’Europa e ai suoi ideali in una delle più alte forme poetiche e musicali.
Evidentemente i deputati “girati” non pensavano certo all’ideale, ma a cose molto concrete, ai conti, alla moneta, alla disoccupazionee a tutto ciò che in questo vecchio continente, pur carico di storia e di cultura, non va.
C’è dentro questo atteggiamento un rifiuto radicale, senza distinzioni, come si dice, gettando via l’acqua sporca e il bambino. Rifiutare in blocco tutto, invitando a uscire sbattendo la porta di un edificio così importante e complesso, faticosamente costruito dalle macerie della guerra è quanto meno azzardato, qualcuno dice folle.
Di questi euroscettici “girati” e anche di altri scettici, anche se non si sono girati, conosciamo idee, toni e vocaboli destinati non a spiegare ma a colpire, offendere, incitare contro l’avversario politico di turno, catturare consenso da parte dei più arrabbiati, dei delusi, di chi si trova male, incitandoli ad atteggiamenti distruttivi, anziché proporre soluzioni possibili sia pure alternative.
Vale la pena ricordare che appena 100 anni fa, il 28 giugno 1914, è bastato lo sparo di Sarajevo e l’uccisione del principe erede al trono dell’impero austro ungarico e di sua moglie per incendiare tutta l’Europa e il mondo. Allora molti voltarono le spalle e chiusero le orecchie alle proposte di pace, fomentando quei sentimenti di totale generalizzato contrasto che condussero alla prima grande guerra (1914 – 1918). Guerra che fece 20 milioni di morti e altrettanti feriti e mutilati e fu causa della seconda guerra mondiale (1939 – 1945).
Il secolo scorso è stato tra tutti i secoli del passato quello più crudele e disastroso. I politici del tempo hanno voltato le spalle, alle raccomandazioni delle madri e delle spose, alla sofferenza delle popolazioni ed hanno seguito l’incitamento di cattivi maestri e di false ideologie. Hanno voltato le spalle anche alle raccomandazioni delle Chiese che si sono espresse al più alto livello di autorità a cominciare da papa Benedetto XV, che dopo inutili tentativi per evitarla, la definì, con generalizzato scandalo degli ipocriti del tempo, un’“inutile strage”.
Non si vuol dire con ciò che quei eurodeputati siano responsabili di qualcosa del genere e che abbiano in mente le cose che andiamo dicendo. Ma superficialità, rozzezza e arroganza di gesti, parole, messaggi, atteggiamenti, si sa dove e perché cominciano, ma non dove portano e come vanno a finire.
Sarà bene, tornando all’origine del nostro ragionamento, non girare le spalle o volgere lo sguardo altrove, ma guardare con coraggio, responsabilità, fermezza e fiducia verso il futuro inteso come qualcosa da costruire o ricostruire su basi già gettate e un disegno ben delineato.
È necessario essere consapevoli che, se dal dopoguerra ad oggi abbiamo un’Europa unita con 28 nazioni che hanno firmato di non farsi la guerra, ma di cooperare per il bene collettivo di tutti senza danno per alcuno, questo è da considerare un miracolo. Tra Stati potranno esserci tensioni e dissapori, interessi contrastati e competizioni ma, come è stato detto, meglio combattere su un tavolo di trattative che su un campo di battaglia. Questo risultato è dovuto alla riscoperta dei valori cristiani posti a fondamento di una fraternità tra gli Stati. L’ideale ha guidato la ricerca della soluzione dei problemi concreti e reali della contingenza storica.
A questo punto e in perfetta coincidenza con l’inizio del semestre della presidenza europea dell’Italia, appena dopo l’ispirato discorso di Matteo Renzi a Strasburgo, è doveroso ricordare con ammirazione i grandi artefici di una politica ideale, cristianamente ispirata, adatta a trovare soluzioni pratiche di convivenza e collaborazione: Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer, Robert Schuman.