Volontariato, fenomeno imponente, tipico della nostra epoca. Esploso quando, nella nostra epoca, il tempo di vita dedicato al lavoro si è enormemente ridotto. La gran massa dei nostri compagni di viaggio hanno approfittato del fatto di essere stati liberati dall’ingrata schiavitù di un lavoro che si mangiava la vita per rendere la vita ulteriormente insignificante. Le ore trascorse davanti alla TV trash: rendono un po’ più trash la loro vita. Ma grazie a Dio tanta gente ne ha approfittato per dedicarsi gratuitamente agli altri. ‘Gratuitamente’ è questa la parola. Se ne sta parlando anche nella Commissione Giustizia e Pace della Ceu. ‘Il volontario è un cittadino che, adempiuti i doveri del proprio stato, si dedica gratuitamente, con continuità e competenza, ad un’opera di rilevante spessore sociale, culturale, umano’. La parola/chiave è ‘gratuità’, visto che la competenza e la continuità sono presenti in tante altre prestazioni, pagate anche lautamente. Gratuità, che bellezza!! Pensando ad essa, nel suo discorso di fine anno, il Presidente Scalfaro esclamò un giorno: ‘Eroici volontari!!’. Sinceramente commosso. ‘Eroici volontari!!’. E sullo sfondo degli arazzi preziosi del Quirinale arrotò quelle due ‘r’, ed altre disseminate nei dintorni, con impareggiabile solennità. In realtà, se riesce a mettere fuori la testa dalla montagna di punti esclamativi che in genere lo sommergono, il volontariato pone anche dei punti interrogativi, proprio in tema di gratuità. Due, per lo meno. Primo: ‘Volontario, perché?’. Secondo: ‘Volontario, per chi?’. La gratuità è estremamente importante sul versante delle motivazioni che spingono il volontario a prestare il suo servizio, non lo è altrettanto, sul versante di colui che beneficia di quel servizio. Forse sarebbe un po’ sotto il terzo cielo, se potesse, il malato di Alzheimer quando il volontario che lo assiste, in piena gratuità, lo aiuta ad assumere per bocca la supposta prescritta dal medico. E che fine fa la gratuità quando il bisogno a cui bisogna far fronte richiede un impiego a tempo pieno? Se, di fronte ad un disabile, t’impegni (come la mia Comunità) a dare risposta non solo ai suoi bisogni tecnico/riabilitativi, ma anche ai suoi bisogni di taglio affettivo/familiare? In casi come questo il volontario si ricicla: mantiene alto il profilo dei suoi ‘Perché’, ma il primato tocca al ‘Per chi’ gli si chiede di impiegare quei ‘Perché’. Non resta che accettare di trarre da quell’impiego quanto occorre per vivere decorosamente, famiglia inclusa. L’alternativa è smettere di mangiare. Il che, anche ad un pessimo alunno di assortiti dietologi, qual è lo scrivente, non sembra il massimo della sinderesi.