Quale prete per l’Umbria di oggi? Quali caratteristiche spirituali dovranno avere i collaboratori dei vescovi che dovranno prendersi cura del popolo di Dio che vive in questa regione? Domande alle quali invita a rispondere la Lettera pastorale Preti per l’Umbria di oggi presentata lunedì al Seminario regionale di Assisi al clero umbro lì rappresentato dai membri dei Consigli presbiterali diocesani. Se il problema emergente ed evidente a tutti è che sempre più parrocchie si ritrovano senza parroco a causa dell’insufficiente ricambio generazionale nel clero, la riflessione che i vescovi hanno fatto e che offrono alle loro comunità ecclesiali porta, però, l’accento dalla dimensione quantitativa della scarsità di vocazioni ad una riflessione di tipo ‘qualitativo’. ‘Vogliamo richiamare le nostre otto Chiese diocesane a porre una rinnovata attenzione alla missione dei sacerdoti nella vita delle nostre Comunità’ scrivono i vescovi. E su questo punto ha richiamato l’attenzione mons. Giuseppe Chiaretti, arcivescovo di Perugia – Città della Pieve, presidente della Conferenza episcopale umbra, aprendo l’incontro. ‘Forse attraverso questa scarsità di preti Dio ci vuole dire qualcosa’ ha detto Chiaretti suggerendo alcune piste su cui riflettere che vanno dalla scelta delle unità pastorali che raggruppano più parrocchie, alla valorizzazione dei diaconi e dei laici. La Lettera, precisa mons. Nazzareno Marconi, rettore del Seminario regionale umbro, non intende dare risposte immediate e men che meno ‘chiudere una problematica ma piuttosto offre una base condivisa e delle linee di indirizzo’ da cui partire per una riflessione sulla pastorale vocazionale. ‘Le prese di posizione – aggiunge -sono ridotte all’essenziale ma proprio per questo mi paiono rilevanti’, e ne sottolinea due: l’appartenenza del presbitero ad una Chiesa locale e al suo presbiterio unito al vescovo dal vincolo sacramentale, e la vicinanza del prete al popolo come parroco di tutti e non leader emotivo – spirituale del piccolo gruppo. Luca Diotallevi, sociologo e autore della ricerca pubblicata nel 2005 ‘La parabola del clero’ ha avvertito: in numeri non rispondono alla domanda se i preti di domani saranno sufficienti o meno perché ‘la risposta dipende da un’altra domanda, ovvero quali preti per quale Chiesa?’. La previsione ventennale per le diocesi umbre fatta nel 2003 sulla base dei dati del decennio precedente, è stata confermata, come tendenza. Il numero complessivo dei preti umbri subisce un andamento in continua diminuzione rispetto ai 670 dell’anno 2003, ma la situazione attuale è migliore di quella prevista non per un aumento di vocazioni quanto per la’longevità del clero che ha una presenza di ultra ottantenni del 17%’a fronte di un 16 % di preti sotto ai 40 anni. Altre caratteristiche del clero umbro sono la forte presenza di sacerdoti diocesani nati all’estero, l’11,8 % contro il 4,5% della media nazionale, e la presenza dei religiosi ai quali sono affidate il 30% delle parrocchie, la media nazionale è del 23%. Gli interventi di due laici impegnati nella chiesa ha aperto il dialogo. Giovanni Carlotti, impegnato in Azione cattolica e ora presidente della Consulta Ceu per l’educazione scuola e università, ha sottolineato l’aspetto del rapporto con i laici dei quali ‘va scongiurata la clericalizzazione’ nel proliferare di servizi ecclesiali che paiono spesso collocare i laici in ‘ruoli di supplenza del prete’. Il medico oncologo Stefano Bravi ha richiamato l’attenzione su un aspetto forse trascurato, ovvero il rischio di ‘burn out’ dal quale, ha detto, non sono immuni i preti, raccomandando di ‘prestare particolare cura nella qualità della formazione della persona’ ma anche, ha aggiunto, prevedere adeguati sostegni per i momenti di difficoltà. La Lettera pastorale non ‘si limita a delineare il profilo del prete definito dai documenti magisteriali, ma traccia le linee fondamentali della pastorale vocazionale’ ha detto ai preti dei Consigli presbiterali diocesani convocati ad Assisi mons. Gualtiero Sigismondi, vescovo di Foligno e delegato Ceu per il clero. Di questo si è dunque occupato nel suo intervento nel quale si è chiesto cosa si può fare per ‘ravvivare la pastorale vocazionale’. ‘Non basta chiedersi ‘che cosa dobbiamo fare’ ma occorre domandarsi ‘quale Chiesa vogliamo essere’ ha detto mons Sigismondi indicandone in quattro punti i tratti essenziali. Occorre essere una Chiesa ‘che ricerca la misura alta della santità crescendo nella consapevolezza che la cura della vita interiore è la prima e più importante attività pastorale’; una Chiesa ‘che scopre nella evangelizzazione la sua identità più profonda’; che ‘aiuta i preti a non chiudersi in una solitudine clericale che in termini più concreti significa isolamento spirituale, indifferenza relazionale, sufficienza pastorale’; una Chiesa che ‘cammina con i laici, non perché ha bisogno di energie supplementari, ma per intercettare in ogni dimensione umana un’attesa che la speranza cristiana è chiamata ad allargare’. Il vescovo ha quindi sottolineato che ‘la pastorale vocazionale è il frutto maturo dell’azione complessiva della Chiesa che, se è missionaria, diventa terreno fecondo di vocazioni’. ‘Il numero e la qualità dei preti è proporzionale a quello delle famiglie cristiane’ ha detto, indicando nella pastorale familiare e giovanile il ‘quadro più ampio’ nel quale inserire la proposta vocazionale. Fondamentale rimane, ed anzi va particolarmente curata la pratica della ‘direzione spirituale’ nel ‘percorso di verifica della chiamata al sacerdozio’ già prima dell’ingresso in Seminario.
Vocazioni per la comunità
Incontro del clero delle otto diocesi ad Assisi per la presentazione della lettera pastorale 'Preti per l'Umbria di oggi'
AUTORE:
Maria Rita Valli