Con il sigillo dei plichi contenenti la documentazione raccolta nel Processo informativo sulle virtù e la fama di santità di Vittorio Trancanelli si è conclusa la fase diocesana della causa di beatificazione. Nella cattedrale di San Lorenzo a Perugia ha seguito il rito la famiglia di Vittorio: la moglie Lia, il figlio Diego e i figli avuti in affido. Presenti i membri della Associazione “Alle Querce di Mamre”, tanti amici e il sindaco Wladimiro Boccali in rappresentanza della città. La documentazione verrà portata martedì alla Congregazione per le cause dei santi. Gli originali dei documenti raccolti saranno conservati nell’Archivio diocesano.
È seguita la celebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo mons. Gualtiero Bassetti e concelebrata dai vescovi Gualtiero Sigismondi, Mario Ceccobelli, Pietro Bottaccioli, Domenico Cancian.
Di seguito l’omelia tenuta da mons. Bassetti.
«Carissimi fratelli e sorelle,
la conclusione del processo informativo diocesano sulla vita, virtù e fama di santità del Servo di Dio Vittorio Trancanelli è un evento straordinario per la nostra Chiesa. E la liturgia della Parola di questa domenica ci introduce magnificamente in questo giorno di festa e di rendimento di grazie al Signore. Un rendimento di grazie che oggi rivolgiamo a Nostro Signore pensando a tutti i doni straordinari che ha fatto alla nostra comunità. Tra questi doni c’è sicuramente la persona di Vittorio Trancanelli che, con la sua meravigliosa esperienza di vita, ha testimoniato al Mondo che è possibile amare Dio, in umiltà e fervore, in ogni momento dell’esistenza: nella quotidianità, nel lavoro e nella famiglia. E che è possibile, inoltre, condurre una vita cristiana senza dover scendere a compromessi, ma mettendosi, semplicemente ed umilmente, alla sequela di Cristo, riconoscendo che Lui e solo Lui è il Signore della Storia.
Il salmo che oggi abbiamo pregato in risposta alla prima lettura riassume splendidamente l’essenza di questa testimonianza al mondo fornita da Vittorio Trancanelli. Quell’invocazione del salmista che fa gridare al cielo “O Dio tu sei il mio Dio, dall’aurora io ti cerco” è un invito continuo a centrare la nostra vita nel Signore e non sulle nostre forze, sui nostri progetti o sui nostri successi. Quell’invocazione ci viene a ricordare, incessantemente, che ogni giorno è un incontro nuovo con Gesù; che ogni giorno è un incontro stupendo e sorprendente con la magnificenza regale del Cristo; che ogni giorno è un incontro in cui tutti noi, liberamente, possiamo manifestare la nostra fedeltà nel camminare insieme a Lui, riconoscendo la Sua paternità e la nostra figliolanza.
“Shemà Israel, Ascolta o Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno”. Quante volte Vittorio avrà letto, scrutato, meditato queste parole, lui che ha dedicato molti anni della sua vita a studiare la lingua, la cultura e il mondo in cui Gesù era cresciuto, quei luoghi in cui il Figlio dell’Uomo si era manifestato al mondo. Le parole dello “Shemà Israel”, della professione di fede più importante dell’ebraismo, devono essere un sigillo nei cuori di ogni cristiano e, oggi, fanno da sfondo a tutta questa celebrazione eucaristica. Quelle parole ci ammoniscono, senza equivoci, che nessun dio straniero e nessun idolo di cartapesta potrà mai sostituire lo spirito creatore del Signore e l’amore che lo guida verso i suoi figli. Quelle parole risuonano nei nostri cuori come un invito fortissimo a mettersi alla sequela di Cristo, in libertà e senza costrizioni.
Gesù nel Vangelo di oggi parla ai suoi discepoli e gli fa una domanda importantissima: “Ma voi chi dite che io sia?” E poi gli risponde con due affermazioni che, come avrebbe detto San Paolo, sono di scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani. Gesù, infatti, non gli annuncia un Messia forte e potente, non gli annuncia un liberatore vittorioso in guerra, ma dice loro due cose sorprendenti e autenticamente rivoluzionarie. Gli rivela che il figlio dell’uomo dovrà “soffrire molto” per “risorgere” poi il “terzo giorno”. E poi gli dice che “se qualcuno” vuole seguirlo deve “rinnegare se stesso”.
Questo breve dialogo ci fornisce la luce giusta per poter comprendere il significato profondo della vita di Vittorio Trancanelli. Gesù quando rivolge quella domanda non vuole certo fare un sondaggio d’opinione, non ha nessun bisogno di capire gli umori dei suoi discepoli, ma, al contrario, vuole indicare una strada. E il crocevia più importante di questa strada, la chiave che dischiude la porta alla risposta alla domanda di Gesù, è racchiusa in una piccola parola di due lettere: è racchiusa nella particella “se”. “Se qualcuno vuole venire dietro a me rinneghi se stesso”. Quel “se” è importantissimo, perché ci ricorda che la strada tracciata da Gesù è una proposta, non è un obbligo, ma è una scelta di libertà. Una scelta di libertà che passa anche attraverso lo scandalo della croce. Lo scandalo della sofferenza.
La sofferenza è sempre stata scandalosa. Lo era ai tempi di Gesù, lo è ancor di più oggi, che si cerca in tutti i modi di cancellarla e di rimuoverla in nome di un’idolatria del piacere che cerca vanamente di riempire il vuoto interiore della nostra società con il godimento immediato e inarrestabile dei beni materiali. Invece, Gesù ha mostrato che quella sofferenza non era il prodotto di una mentalità autolesionista ma era, al contrario, l’annuncio di una speranza grandissima: “Vi accadrà tutto questo, ma il terzo giorno risorgerete”, dice Gesù.
Quella sofferenza e quell’umiliazione, impresse magistralmente nella Croce, rappresentano quella porta stretta assolutamente necessaria per entrare nella Gloria di Dio. Gesù crocifisso ha, infatti, mostrato all’umanità che la sofferenza di Cristo ha creato la redenzione del mondo. Con quel sacrificio perfetto, Cristo ci ha insegnato magnificamente il significato profondo della carità. Cristo ha insegnato all’uomo a far del bene con la sofferenza ed a far del bene a chi soffre.
E in questa duplice relazione c’è tutta la vita di Vittorio Trancanelli. C’è tutta la vita di un uomo che nella misura in cui ha partecipato alle sofferenze di Cristo se ne è rallegrato perché, come ci ammonisce San Paolo, “nella rivelazione della sua gloria” ha potuto “esultare” ed incontrare la pienezza dell’annuncio della buona novella.
Malato tra i malati, Trancanelli non si è nascosto e non ha nascosto la sofferenza. L’ha guardata in faccia, senza sottrarsi. Non ha scelto di fuggire e come San Francesco si è avvicinato “con affetto di compassione”. Sulle orme del poverello di Assisi, nella sofferenza, ha cercato “il sollievo dello spirito”, ovvero la preghiera, continua e incessante, mai scontata e sempre intensa.
Vittorio Trancanelli, è stato, dunque, un faro potentissimo della luce di Cristo, il cui bagliore toccava tutti, i fedeli e i lontani, e mostrava a tutti, concretamente, come si potesse vivere una vita sinceramente cristiana. Egli ha seguito Cristo per tutta la sua esistenza attraverso la prova della croce e nella carità cristiana più autentica, quella di farsi carico delle sofferenze e delle povertà degli “ultimi”, soprattutto dei più piccoli: di quei bambini in difficoltà che iniziò ad accogliere, in affido, insieme alla moglie Lia, nella propria casa.
Carissimi fratelli e sorelle, quello che stiamo vivendo, grazie alla testimonianza di vita di questo uomo che ha accolto Cristo nelle sue piaghe, è un momento storico per la nostra Chiesa. Senza alcun dubbio, possiamo far nostre le parole dell’Apostolo Paolo e affermare che Vittorio Trancanelli si è rivestito “dell’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del Diavolo”, si è cinto “i fianchi con la virtù” e rivestito “della corazza della giustizia” ha annunciato il “Vangelo della pace”.
† Gualtiero Bassetti
Arcivescovo Metropolita
di Perugia – Città della Pieve»