La settimana scorsa la nostra Tv2000 ha trasmesso Vincitori e vinti, un vecchio film che avevo visto tanti anni fa, e me l’ero ciucciato come una delle tante fiction lecca-lecca che raccontano come si deve storie interessanti per la digestione serale.
Ma stavolta Vincitori e vinti m’ha scioccato. L’ho vissuto come la rappresentazione di una lotta titanica fra coscienze poste di fronte al bene e al male non in astratto, ma in concreto, nel concreto contesto della Germania di metà secolo XX. S’è venduta l’anima a un “caporale” folle e crudele, la patria dei Nibelunghi; e adesso, da una parte, non può ancora far finta di non aver saputo nulla dei campi di sterminio, ma dall’altra ha bisogno urgente di ripartire. E non può farlo se non dimenticando, in qualche modo, i vagoni piombati destinati al trasporto animali e adibiti a trasporto di uomini, i forni prodotti per la panificazione e utilizzati per la cremazione di uomini appena gassificati, i mucchi di cadaveri spostati dalla pala meccanica verso la fossa comune.
Il dramma è rivissuto alla luce dell’incontro/scontro di coscienza tra due uomini di legge, uno di fronte all’altro, ambedue grandi ma in posizioni diametralmente contrapposte: da una parte il vecchio giudice statunitense Dan Haywood, inviato a presiedere una Corte penale militare che deve valutare le responsabilità di quattro ex giudici tedeschi, tre dei quali sono solo mediocri funzionari, compromessi con il Führer; dall’altra lui, il quarto, il grande giurista Ernst Janning che, anche se per una sola volta, durante il Terzo Reich ha chiuso gli occhi sulla barbarie nazista e ha lasciato condannare un innocente.
Niccolò de’ Malclavelli ha dolorosamente riflettuto sul fatto che, per chi ha responsabilità di governo, l’obbedienza alla propria coscienza quasi sempre è un lusso che non può permettersi. “Potrebbe permetterselo solo gli huomini fussino buoni”, ma gli uomini quando entrano in politica non sono più uomini, ma diventano di volta in volta golpi o lioni. In Vincitori e vinti il volto tormentato di Haywood/Tracy e quello tragicamente pietrificato di Janning ripropongono l’angosciante affermazione di Machiavelli. Ma, alla fine, il giudice Haywood trova il coraggio di resistere alla discreta ma fortissima pressione delle giuste ragioni della politica, e condanna Janning insieme con gli altri tre, perché Hitler non ha ucciso la giustizia, ma ha ucciso la civiltà. E Janning lo ringrazia.
Politica e morale hanno finalmente trovato una comune declinazione? Forse. La faccia di Tracy/Haywood rimane tormentata, tragicamente pietrificata quella di Lancaster/Janning.