Attraverso la presenza e il ministero dei vescovi, dei presbiteri e dei diaconi “la Chiesa esercita la sua maternità”. Lo ha ricordato Papa Francesco mercoledì all’udienza generale, spiegando che questo è “il vero volto della Chiesa”, che ci accompagna “per tutto il corso della nostra vita”, da quando “ci genera nel battesimo come cristiani” fino ai momenti più delicati “della prova, della sofferenza e della morte”. La maternità della Chiesa – ha aggiunto – si esprime “in particolare nella persona del vescovo e nel suo ministero”. Come successori degli apostoli scelti da Gesù e da lui invitati ad annunciare il Vangelo e “a pascere il suo gregge”, così i vescovi, loro successori, “sono posti a capo delle comunità cristiane come garanti della loro fede e come segno vivo della presenza del Signore in mezzo a loro”.
“Comprendiamo, quindi, che non si tratta di una posizione di prestigio, di una carica onorifica. L’episcopato non è un’onorificenza, è un servizio. E questo, Gesù l’ha voluto così. Non dev’esserci posto nella Chiesa per la mentalità mondana. La mentalità mondana dice: ‘Quest’uomo ha fatto la carriera ecclesiastica, è diventato vescovo’… No, no. Nella Chiesa non deve esserci posto per questa mentalità. L’episcopato è un servizio, non un’onorificenza di cui vantarsi”.
Essere vescovi quindi, ha proseguito Bergoglio, vuol dire “tenere sempre davanti agli occhi” l’esempio di Gesù, venuto “non per essere servito, ma per servire”: “I santi vescovi – e sono tanti nella storia della Chiesa, tanti vescovi santi – ci mostrano che questo ministero non si cerca, non si chiede, non si compra, ma si accoglie in obbedienza, non per elevarsi, ma per abbassarsi, come Gesù che ‘umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce’. È triste quando si vede un uomo che cerca questo ufficio e che fa tante cose per arrivare là, e quando arriva là non serve, si pavoneggia, vive soltanto per la sua vanità”.
Gesù, ha aggiunto Francesco, ha scelto e chiamato gli apostoli pensandoli “non separati l’uno dall’altro, ognuno per conto proprio, ma insieme, perché stessero con lui, uniti, come una sola famiglia. Anche i vescovi costituiscono un unico Collegio, raccolto attorno al Papa, il quale è custode e garante di questa profonda comunione, che stava tanto a cuore a Gesù e ai suoi stessi apostoli. Com’è bello, allora, quando i vescovi, con il Papa, esprimono questa collegialità e cercano di essere, più e più, servitori dei fedeli, più servitori nella Chiesa”.
È successo, ha ricordato il Papa, nella recente Assemblea del Sinodo sulla famiglia. Il suo pensiero è andato “a tutti i vescovi sparsi nel mondo” che, pur vivendo in località, culture, sensibilità e tradizioni differenti e lontane tra loro, “diventano espressione del legame intimo, in Cristo, e tra le loro comunità… in ascolto del Signore e dello Spirito, potendo così porre attenzione in profondità all’uomo e ai segni dei tempi”.
Per questo le comunità cristiane “riconoscono nel vescovo un dono grande” e sono chiamate ad alimentare una sincera e profonda comunione con lui: “Non c’è una Chiesa sana se i fedeli, i diaconi e i presbiteri non sono uniti al vescovo. Questa Chiesa non-unita al vescovo è una Chiesa ammalata. Gesù ha voluto questa unione di tutti i fedeli con il vescovo, anche dei diaconi e dei presbiteri”.
Nei saluti nelle varie lingue, ha quindi ricordato che domenica prossima la Chiesa in Polonia celebrerà la VI Giornata di solidarietà con la Chiesa perseguitata, quest’anno dedicata alla Siria: “Siate vicini ai fratelli che in quel Paese e in altre parti del mondo soffrono a causa delle guerre fratricide e della violenza. Grazie alla vostra unione nelle preghiere e ai gesti concreti di aiuto materiale, sentano la premurosa presenza e l’amore di Cristo!”.