Sul tema dell’allargamento dell’Unione Europea ai dieci paesi dell’Est Europa, è stato ascoltato il parere di Luciano Tosi, docente di Storia delle relazioni internazionali alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Perugia. Professor Tosi, quali sono le conseguenze economiche dell’allargamento per i Paesi che entrano in Europa? “Innanzitutto mi preme sottolineare come questi paesi siano in una fase di transizione economica: dall’Economia collettivista, caratteristica degli stati ex-comunisti, si stanno spostando in direzione dell’Economia di mercato occidentale. Questo processo richiederà sicuramente dei tempi lunghi, visto che si tratta di un cambiamento di vastissima portata. Per poter rispettare i “criteri virtuosi” stabiliti dall’Ue per la permanenza nell’Unione i paesi dell’Est Europa dovranno quindi modernizzare la loro economia, sostenendo notevoli sacrifici. In quest’ottica sono già state chiuse molte industrie obsolete. In genere si tratta di paesi caratterizzati da un’economia agricola ancora largamente diffusa, per cui dovranno impegnarsi a razionalizzarla per cercare di avvicinarsi ai livelli europei standard: in Polonia per esempio il 20% degli occupati è impiegato nel settore primario, mentre gli standard di un paese industrializzato come Francia o Germania si aggirano intorno al 4%. Naturalmente i 10 paesi nuovi entranti avranno il vantaggio di inserirsi in un mercato enormemente più grande rispetto a quello dove operavano in precedenza”. Cosa comporta l’allargamento per i Paesi che sono già nell’Ue? “Il mercato si allargherà, e anche la possibilità di fare investimenti redditizi nell’ Est Europa, dove i costi sono più bassi (Es: il costo del lavoro). Conseguentemente aumenterà la produzione e la competitività sui mercati internazionali. Ma oltre a questo sarà necessario aiutare finanziariamente i nuovi entranti per sostenerne l’economia e lo sviluppo, per favorire quel livellamento di cui ho parlato in precedenza. Inoltre c’è il problema dell’incremento dell’attività agricola: l’entrata dei 10 paesi aumenterà la produzione totale di derrate alimentari dell’Ue, e ciò a scapito di una politica di apertura al Sud del Mondo, la cui produzione principale si caratterizza proprio nel settore agricolo. Comunque sia i vantaggi più importanti vanno al di là della dimensione prettamente economica: si creerà un’area stabile per lo sviluppo della democrazia, dove sono i mezzi politici a intervenire per la pacificazione e la distensione dei rapporti tra stati, oltre tutti i rigurgiti nazionalistici. L’allargamento è la via pacifica per l’affermazione della democrazia”. Quali saranno i settori economici italiani, interessati da fondi europei, che più risentiranno dell’allargamento? “Il settore agricolo senza dubbio, per i motivi che ho già trattato in precedenza: per risolvere queste problematiche sarà d’obbligo rivisitare la Politica agricola comune. L’allargamento inciderà anche sulle aree depresse della penisola, come il Mezzogiorno, visto che molti dei fondi europei saranno necessariamente destinati a sollecitare la crescita economica dell’Est Europa. Si tratta però di disagi che saranno controbilanciati dall’aumento della competitività europea e dalla stabilizzazione democratica dell’area”. Sul piano politico i nuovi paesi voteranno per il Parlamento europeo. Sono paesi ex comunisti, è possibile prevedere in che direzione andrà il voto e se cambierà l’attuale composizione del Parlamento? “La maggioranza di questi paesi assumerà sicuramente un atteggiamento filo-occidentale. Non bisogna scordare che fin dai tempi della Prima Guerra Mondiale gli Usa hanno cercato di attirare queste aree al di fuori dell’orbita comunista imposta dalla Russia e l’esperienza comunista non può che aver favorito il desiderio di emancipazione e di occidentalizzazione dell’Est Europa. Lo si è visto anche a proposito della guerra in Iraq: l’Europa si è divisa in due parti, con l’Est prevalentemente schierato a favore delle posizioni statunitensi. Va anche considerata l’influenza degli interessi agricoli nella politica estera di questi nuovi entranti. Per esempio in Polonia è presente un partito contadino molto forte che inizialmente si opponeva all’entrata nell’Ue: decisivo in quest’ambito è stato l’intervento del Papa, che ha persuaso i contadini polacchi. In generale latifondisti e piccoli proprietari terrieri, inquadrati in diversi movimenti, giocano un ruolo importante nelle scelte politiche di questi paesi, e di ciò bisognerà tener conto quando si dovranno stabilire delle politiche comuni”.
Verso un’Europa più democratica
Con l'entrata di 10 nuovi paesi nell'Unione europea nuovi sviluppi si attendono nella politica agricola comune
AUTORE:
Alessandro Pompei