La Liturgia della Parola della XXVI domenica del TO ci pone di fronte alle responsabilità che il credente ha nei riguardi della comunità, in particolare verso coloro che si avviano nel cammino di conoscenza e di adesione alla fede.
Prima lettura
La prima Lettura è tratta dal capitolo 11 del libro dei Numeri, capitolo che descrive il percorso che il popolo d’Israele sta facendo nel deserto, direzione Kadesh, percorso caratterizzato dai ‘lamenti’ degli israeliti e dalle risposte del Signore mediante fenomeni prodigiosi. Nello specifico è il momento in cui il popolo, stanco di nutrirsi della manna, si lamenta e piange perché desidera altro cibo. Mosè è allora spossato per l’incombere delle richieste e supplica il Signore di farlo morire perché impossibilitato a portare avanti da solo tutta la comunità.
Il Signore risponde allora con il concedere a Mosè 70 uomini che portino il carico del popolo insieme a lui. E a questi 70 uomini il Signore ‘condivide’ lo stesso spirito che caratterizza la persona di Mosè. In ebraico ‘spirito’ (ruah) è reso con l’articolo specificando ulteriormente che si tratta dello Spirito del Signore e per l’‘occasione’ è lo Spirito di profezia in quanto è scritto che “quelli si misero a profetizzare”.
Si rammenti il fatto che da qui in poi nella Scrittura si legge che lo Spirito del Signore investe delle persone che hanno incarichi particolari: Giosuè, i Giudici, i Profeti, i Re. Il numero 70 è inoltre molto suggestivo e rimanda sia ad un significato comunitario (Israele) che universale (l’intera umanità). Infatti, 70 erano i discendenti di Giacobbe (Es 1,5; Dt 10,22), ma soprattutto 70 erano i popoli che abitavano la terra (Gen 10).
LA PAROLA della Domenica
PRIMA LETTURA
Dal libro dei Numeri 11,25-29SALMO RESPONSORIALE
Salmo 18SECONDA LETTURA
Lettera di Giacomo 5,1–6VANGELO
Vangelo di Marco 9,38-43,45.47-48
L’universalità dello Spirito del Signore si evince anche dalla risposta che Mosè rivolge a Giosuè che lo scongiura di impedire a 2 uomini, non facenti parte del numero dei 70, di profetizzare. Ma nella risposta di Mosè (“Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti”) viene accentuato il carattere ‘illimitato’ dello Spirito, carattere che si evidenzierà nelle profezie di Gioele (3,1-2) e soprattutto nel momento della nascita della Chiesa quando lo Spirito sarà donato agli apostoli, ma anche ai pagani (At 2 e 10).
Seconda lettura
La pagina della Lettera di Giacomo, che sembra distoglierci dalla riflessione, anticipa di fatto un tema che poi in termini diversi viene ripreso dal Vangelo: lo scandalo.
L’apostolo si rivolge con tono aspro ai ricchi perché hanno fatto ciò che Legge condanna (Lv 19,13; Dt 24,14), hanno cioè trattenuto il salario di coloro che hanno prestato servizio alle loro dipendenze, ma il grido di dolore degli sfruttati è giunto “alle orecchie del Signore onnipotente”. Aver osato in questo modo, è nell’ottica di Giacomo, come aver condannato e ucciso il ‘giusto’ attirandosi così un giudizio severo.
Vangelo
Anche le parole di Gesù nella pagina del Vangelo di questa domenica presentano un tono piuttosto forte. Il brano del Vangelo di Marco si apre con la richiesta che Giovanni fa a Gesù di impedire ad un uomo di scacciare i demòni perché lo fa in nome di Gesù, senza essere uno di loro.
In risposta a questa provocazione, Gesù pronuncia 3 insegnamenti, rispettivamente negativo, positivo e di nuovo negativo: no all’esclusivismo, sì all’accoglienza, no allo scandalo. La comunità deve avere un respiro ampio e deve essere messa in guardia da un atteggiamento esclusivista che comporterebbe un ostacolo nel cammino di fede e causerebbe l’indurimento del cuore di chi vorrebbe entrare a farne parte. D’altro canto, chi invece agisce nel nome e nel segno dell’appartenenza a Cristo non sarà privo della “ricompensa”.
Subentra poi uno tra i discorsi più delicati: lo scandalo. “Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare”. A questa premessa, segue l’esempio dello scandalo che possono dare la “mano”, il “piede” e l’“occhio”.
Tenendo conto della simbolica che queste parti del corpo avevano nell’Antico Testamento e nella cultura del Vicino Oriente Antico, diversi studiosi intravvedono il riferimento ai peccati in ambito sessuale. Fermo restando che il peggiore dei mali riguarda proprio la sfera sessuale nel momento in cui si reca offesa all’innocenza, tuttavia, leggendo attentamente, notiamo che lo scandalo non riguarda solo l’ambito sessuale, ma qualsiasi altro.
La finalità teologica del cap. 9 è per lo più quella dell’accoglienza dei ‘piccoli’ perciò se coloro che si avvicinano alla fede non sono adeguatamente accolti o, peggio ancora, scandalizzati da situazioni di ambizione, di divisione, di egoismo, … allora la conseguenza è davvero grave, tale da essere equiparata al fuoco della Geenna!
La Geenna era infatti il luogo che Giosia aveva maledetto perché in esso vi si effettuava l’abominio dei sacrifici dei bambini che venivano fatti passare attraverso il fuoco (2 Re 23,10) e in virtù di questa maledizione il luogo era ritenuto la residenza eterna dei dannati. In seguito il luogo era stato trasformato in discarica il cui fuoco che eliminava i rifiuti di Gerusalemme assumeva forme e colori spaventosi. Non c’è da commentare!
La “mano”, il “piede” e l’“occhio” servano dunque per ‘andare’ con spirito missionario, ‘vedere’ e avere compassione e ‘dare’ la Parola di Dio e con essa accoglienza adeguata e generosa. E affinché si evitino gli scandali, è proprio il caso di far risuonare le parole del Salmo: “Anche dall’orgoglio salva il tuo servo, perché su di me non abbia potere; allora sarò irreprensibile, sarò puro da grave peccato”.
Giuseppina Bruscolotti