“La presenza dei cattolici nei vari partiti è una scommessa e una chance affinché la politica prenda la piega di un concorso costruttivo e non lacerante, alla ricerca del bene comune e non solo di quello di una parte”. Lo ha detto mons. Mariano Crociata, segretario generale della Cei, nell’intervento tenuto il 30 maggio alla Camera dei deputati, in occasione del convegno “Cattolici e cattolici a confronto”. Soffermandosi sulla necessità di avviare “una riflessione sul confronto da politici cattolici militanti in diversi schieramenti”, mons. Crociata ha affermato che “la sfida più grande è non farsi fagocitare dalle logiche conflittuali interpartitiche, ma far agire la logica del confronto costruttivo… L’interesse di parte non può oscurare la visione e la ricerca del bene generale: di questo i cattolici in politica devono sentire la primigenia e irriducibile responsabilità, come testimonianza di fede e di una appartenenza ancora più originaria e discriminante”.“La cosa più triste – ha sottolineato mons. Crociata – sarebbe vedere cattolici per i quali è maggiore la forza conflittuale dell’appartenenza partitica piuttosto che la capacità di dialogo”. Oggi, invece, “c’è bisogno di trovare forme e percorsi di trasformazione della politica”, attraverso “la volontà e lo spirito di iniziativa e di inventiva nel fare spazio a giovani che possano apprendere sul campo un modo costruttivo di operare in politica, partendo dall’alleanza con altri credenti e fecondando le dinamiche partitiche di lungimiranza e di progettualità in vista della realizzazione crescente del bene di tutti”. Chi si impegna in politica da cattolico, per mons. Crociata deve tener presente “il carattere contingente della scelta politica di schieramento”, il fatto cioè che “nessuna scelta politica può tradurre compiutamente la visione cristiana e farlo in una forma sociale definita perfettamente corrispondente ad essa”. Nella scelta politica, quindi, “entra in gioco il discernimento personale e di gruppo nell’esercizio concreto della responsabilità vocazionale in ambito socio-politico alle determinate condizioni di tempo e di luogo”.È in questo ambito, secondo mons. Crociata, che “si inserisce l’istanza imprescindibile del dialogo”, il cui orizzonte “più immediato” è “quello politico in senso tecnico, che si consuma tra le sedi dei partiti e le aule parlamentari”. C’è poi il livello del dibattito pubblico, dove “l’opinione pubblica, ma anche l’ambito sociale intellettuale in senso lato umanistico, tecnico, scientifico, comunicativo e artistico, sono il luogo di un confronto in cui non soltanto si guadagna consenso, ma si costruiscono correnti di opinione e si fanno fermentare temi e progetti di vita sociale”. Infine, il “livello più interno” in cui il politico cattolico “si confronta all’interno della comunità ecclesiale”. “La dottrina sociale della Chiesa oggi costituisce un punto di riferimento imprescindibile, sia sul piano personale che su quello pubblico e istituzionale”, una piattaforma condivisibile “da tutti sulla base della ragione e del retto giudizio”, e che “deve costituire la base di un comune sentire e agire da parte dei credenti, in particolare dei cattolici impegnati in politica e nelle pubbliche istituzioni”. Ne è convinto mons. Crociata, che ha ricordato come in essa “sono implicati aspetti intangibili della persona umana e della sua vita, la cui integrità rischia di essere irreversibilmente compromessa quando si tenda a manipolare la vita nel suo sorgere e nel suo declinare, a disconoscere e alterare la figura naturale di famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, a comprimere la libertà religiosa e la libertà di educazione; e rischia di essere gravemente ostacolata quando vengano garantite le esigenze fondamentali per una vita dignitosa mediante il lavoro, la casa, la tutela della salute”.