La Chiesa gode per il Vangelo, ed è in libera uscita dai suoi palazzi, invitata da papa Francesco a camminare per le strade del mondo e portare a tutti la gioia. Uscire dall’inerzia, dalla pigrizia, dall’autocompiacimento, dallo stato di paura, da un centro che si sente assediato dalla cittadella fortificata e andare in mezzo alla gente. Gli apostoli, dopo la Pentecoste, usciti dal cenacolo dove si erano rinchiusi per paura, predicando in piazza davanti a tutto il popolo, sembravano “ubriachi”, fuori di sé per la gioia. Tale gioia ha un’origine alta e lontana, scende dal cielo. È lo Spirito che inebria ogni umano spirito. È realtà post umana e se si preferisce sovrumana, nel senso che aggiunge all’umanità un tratto che da sola non riesce a darsi: questo tratto è la speranza. Solo spinti da una forte carica, anche emotiva, come da vento impetuoso, si riesce ad aprire la porta e ad avventurarsi fuori dalle proprie sicurezze, dai nidi, e dalle tane di cui parla il Vangelo (Lc. 9,51 s), e affrontare un mondo di cui non sappiamo e spesso non supponiamo neppure l’esistenza. Chi conosce le periferie additate dal Papa, quelle geografiche, e quelle morali, esistenziali, culturali? L’esortazione apostolica – non ancora letta ma appena sfogliata – insiste sull’uscire. Usciamo, usciamo, non possiamo pensare solo a noi, guardarci e tutelarci, difenderci e rilassarci: dobbiamo camminare, costruire, annunciare. Finora Papa Francesco l’abbiamo assaporato a piccole dosi con le sue frasi, gli slogan, i tweet, le immagini, gli aforismi, Ne abbiamo fatto incetta e li abbiamo imparati a memoria, alcuni sono già diventati proverbi ed aforismi.
Ora il Papa si dispiega in un ragionamento filato disteso e lungo. Un documento pontificio tra i più lunghi. Una sintesi del suo pensiero, del suo programma e del modo di realizzarlo, diremmo la sua visione della Chiesa all’interno e nella sua relazione esterna con il mondo. Da notare che questo documento non è stato elaborato in solitudine, a tavolino, consultando fonti e citando autori. La sua scrittura è frutto del dialogo avuto al Sinodo dei vescovi del 2012 che gli avevano consegnato 58 Proposizioni o proposte che dir si voglia, sulle quali avevano discusso e che lasciavano poi al Papa di elaborare. Questo metodo non è di poco conto. Francesco lo ha teorizzato e lo preferisce, attento a far “uscire” anche il Vescovo di Roma dalla sua solitudine, dal suo centro. Il suo riferimento è stato il discorso di Aparecida, a Buenos Aires, presso il santuario della Madonna che porta questo nome, quando ha evocato l’incontro dei vescovi latino americani (2007). Ha detto che fu una cosa bellissima quando i vescovi mentre scrivevano il documento pastorale nella sede del santuario, sentivano giungere sia pure attenuate le preghiere e i canti della gente che andava in pellegrinaggio ai piedi della Madonna a consegnare a lei la propria vita. Questa presenza del popolo accompagnava, sosteneva, ispirava il lavoro dei Pastori. Il sogno di Papa Francesco: una Chiesa a tutto campo, con la compresenza di tutte le componenti del popolo che cammina in spazi aperti, sospinta dall’unico Spirito e sostenuta dal Buon Pastore per annunciare a tutti la gioia che viene dal Vangelo. Vangelo vuol dire Buona Notizia. Non è una somma di doveri e di restrizioni, neppure una serie di dogmi, ma è vita e gioia dello Spirito che trasforma la vita dei singoli e della comunità, e pertanto è energia vitale che può trasformare radicalmente l’intera società.