Il Consiglio pastorale dell’Up 18 Santa famiglia di Nazareth
“Il nostro consiglio pastorale, naturalmente, è un consiglio di Unità pastorale” dice don Antonio Sabatini, parroco moderatore dell’Up18 di Perugia Città della Pieve.
“Ha dei criteri che ci siamo dati da soli. Ad esempio, il totale di 30 persone per due terzi è costituito da operatori pastorali impegnati nei quattro ambiti principali della pastorale (la liturgia, l’evangelizzazione, la carità, l’amministrazione), mentre un terzo è costituito da due rappresentanti per ciascuna delle nostre cinque parrocchie, che vengono eletti.
Abbiamo già definito due progetti pastorali quinquennali che nascono proprio dal consiglio, con lavori di commissione ed un sunto finale fatto tutti insieme. Stiamo sperimentando insieme quali siano le migliori iniziative da intraprendere perché il Consiglio sia veramente l’organismo che, insieme ai parroci e ai diaconi, movimenta e traina tutta l’Unità pastorale”.
Laici corresponsabili
“Nel nostro Consiglio pastorale vedo che si sta realizzando il sogno che i laici siano corresponsabili dell’impegno parrocchiale” dice don Mathy. “Nel Consiglio non c’è un parroco che decide le iniziative, le presenta e il Consiglio le approva. Il parroco fa le proposte e il Consiglio le discute, le migliora e le approva.
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Domenica 28 la messa verrà trasmessa da San Martino in Campo alle ore 11.30, per l’ultima volta dall’Up 18 di Perugia. Il mese prossimo la “Domenica fuori porta” andrà in onda da Città di Castello.
Così anche i laici si sentono responsabili delle decisioni che hanno preso. Dobbiamo migliorare sul fatto che i laici sentono ancora bisogno della presenza del sacerdote, pensano che senza il sacerdote non possono fare niente. Ma essi devono capire che questo impegno nella parrocchia non nasce dalla scarsità dei sacerdoti, ma dal dono del battesimo.
Su questo il Consiglio sta facendo progressi, lo vedo da tanti segni, e per me, che vengo dallo Sri Lanka dove sono sempre stato in seminario come vice rettore ed economo, e quindi non avevo mai avuto un’esperienza parrocchiale prima, far parte di questo Consiglio pastorale è un’esperienza che mi arricchisce molto. Stiamo andando nella direzione giusta”.
Più tempo per i sacerdoti da dedicare a catechesi, studio, confessioni
“Veniamo da una tradizione in cui la Chiesa era prettamente clericale, e i laici erano attori passivi, quindi – riprende don Antonio – ci vuole tempo perché i laici diventino attori attivi, sempre tenendo presente che essi hanno una famiglia, un lavoro, degli impegni.
Però anche io vedo dei miglioramenti in questo secondo progetto pastorale e anche per me l’esperienza di questo Consiglio pastorale è un arricchimento: giorno dopo giorno, riunione dopo riunione, il Consiglio sta diventando sempre più un piccolo cenacolo in cui anch’io trovo il mio posto, la mia comunione con persone con cui condivido un progetto di fede, aldilà del mio ministero.
La cosa che in prospettiva mi entusiasma di più è proprio vedere questi laici che iniziano a capire il ruolo di una chiesa nuova, in cui non si subiscono più le iniziative ma si propongono.
E questa loro crescita nella collaborazione permette a me di trovare più spazio, nonostante abbia cinque parrocchie da gestire, di fare il prete, cioè di dedicare più tempo allo studio e alla preparazione delle catechesi, alla cura della liturgia e, soprattutto, alle confessioni e ai colloqui spirituali”.
Francesco Fatichenti