Abbiamo constatato che, con l’Ascensione, Gesù manda i discepoli in tutto il mondo assicurando loro la sua presenza nel loro agire; abbiamo meditato che la Pentecoste è il momento del dono dello Spirito alla Chiesa nascente e a quanti accolgono l’invito ad amare come Egli ama.
Oggi, festa della santissima Trinità, contempliamo e gioiamo di questo “gioco d’amore” tra il Padre, il Figlio e lo Spirito santo guardando a Dio nella Sua intima relazione triadica, fatto Uno dall’amore. Gesù ci invita a entrare e immergerci in questa circolarità d’amore per scoprirne la bellezza, le conseguenze sulla nostra vita. Una comunione, quella delle tre Persone divine, che non resta tra sé e sé, ma invita ciascuno di noi a prenderne parte, misticamente.
La Trinità, questa straordinaria “famiglia”, nel Suo disegno salvifico ha scelto di entrare nella storia degli uomini per essere un tutt’uno con noi, e trasformarci in figli di Dio. Oggi questa festa ci interroga più che mai sulla grande sfida che viviamo in un contesto dove sembra massima la difficoltà e la frammentazione dei rapporti, dove l’individualità è assolutizzata, dove la diversità fa paura, anche quella tra uomo e donna; ma dove l’anelito e la condizione di vivere assieme, gli uni accanto agli altri, ha una dimensione globale come mai fino ad ora. Il Vangelo dunque ci rivela la Trinità non tanto e solo come una verità da credere, ma come una realtà da vivere.
Don Tonino Bello scriveva: “Secondo una suggestione semplicissima e splendida, nella Trinità non c’è Uno più Uno più Uno, uguale a Tre. Ma c’è Uno per Uno per Uno, che fa sempre Uno. Quando si vive veramente l’uno per l’altro, densificando questo rapporto di oblatività, la comunione raggiunge il vertice”.
La Trinità è un’esperienza di amore che solo amando possiamo comprendere, trovandovi luce per affrontare le sfide che ci sorprendono, e da riversare sugli altri. Come persone singole, come sposi, come comunità, dobbiamo entrare sempre di più nel dinamismo trinitario donatoci da Gesù con la sua morte e risurrezione, per sperimentarne le innumerevoli conseguenze – oltreché spirituali – culturali, relazionali, sociali, economiche, familiari, in un’esistenza resa nuova e plasmata dal “dimorare nel seno della Trinità”. L’esperienza mistica della Trinità, infatti, vissuta nella dimensione comunitaria, può aprire prospettive inedite e feconde di novità per tutte le dimensioni della vita umana, aiutandoci a trovare risposte ai più spinosi interrogativi dell’uomo di oggi, come l’incontro fra culture diverse, necessario e urgente per la pace universale e per la civiltà globale. E così, anche attraverso un nuovo umanesimo, l’umanità assaporerà in tutta la sua ricchezza il dono ricevuto dall’incarnazione, morte e risurrezione di Gesù.
Da questo si comprende l’enorme portata dell’annuncio del Vangelo della Trinità, e della responsabilità che la comunità cristiana e la Chiesa hanno nei confronti dell’intera famiglia umana. La grande missione di “fare discepoli tutti i popoli”, figli dell’unico Dio che è Padre, Figlio e Spirito santo, è dunque di estrema attualità anche oggi.
È proprio Gesù con la sua vicinanza, che incoraggia i discepoli “turbati” e dubbiosi e trasmette loro il potere ricevuto dal Padre. Così come, se facciamo esperienza della sua presenza nell’eucaristia, nella Parola, nella fraternità della comunione, nella missione, Egli oggi farà fiorire anche il deserto. E la vita trinitaria che fluisce liberamente, nei luoghi della comunione, genera l’unità che è il segno della Sua presenza fra noi, e il dono supremo che attira sulla terra la vita del Cielo e affascina: “L’unità, che divina bellezza! Chi potrà mai azzardarsi a parlare di lei? È ineffabile! Si sente, si vede, si gode, ma è ineffabile. Tutti godono della Sua presenza, tutti soffrono della Sua assenza. È pace, è gaudio, è ardore, è amore, è clima di eroismo, di somma generosità. È Gesù tra noi!… E io mi sono resa conto che oggi il mondo che non crede, o che crede diversamente, è particolarmente toccato da questa presenza di Gesù” (Chiara Lubich).