Uniti solo nel dolore?

In occasione delle tragedie nazionali riaffiora un certo sentimento patrio degli italiani e, almeno per qualche ora, si stemperano le animosità e si riesce persino a darsi la mano in chiesa tra avversari politici e a partecipare a celebrazioni comuni condividendone il sentimento. È successo quando furono uccisi il 12 novembre nel 2003 a Nassiriya 19 giovani italiani ed è successo di nuovo ora per i tre carabinieri caduti: Nicola Ciardelli, Carlo De Trizio e Franco Lattanzio, ‘esplosi’ mentre compivano una ordinaria missione di pace. Di fronte alla misteriosa maestà della morte e allo strazio dei familiari delle vittime riaffiorano tratti di dignitosa umanità nelle persone e sbiadiscono le diatribe dai toni alti, che troppo spesso abitano gli spazi della politica. C’è anche una quarta vittima da ricordare che è il rumeno Hancu Bogdan, con il quale si apre una tragica vista sui caduti di ogni nazione, ed un quarto carabiniere gravemente ferito, Enrico Frassanito, anch’egli saltato in quello scoppio incendiario che ha ustionato gran parte del suo corpo. Ai funerali, cui hanno partecipato tutte le massime autorità dello Stato, erano presenti anche moltissimi cittadini, anche quelli che sono stati contrari all’invio del nostro contingente militare in Iraq. Durante il funerale è stata data lettura di un telegramma del Papa che invita alla consolazione nella prospettiva delle fede cristiana, letto dall’Ordinario militare, il vescovo Angelo Bagnasco, che ha pronunciato una commossa omelia nella quale ha esaltato la nobiltà dei sentimenti di questi giovani desiderosi di fare il bene e di operare per la sicurezza, la giustizia e la pace di quella popolazione. È una pena dover constatare che si debba arrivare a considerare quasi necessari questi tragici momenti di dolore e di morte per poter far ritornare il senno a tanti smodati nelle parole, nei giudizi e nei sentimenti, accecati da odio contro i propri avversari politici. La tromba che ha suonato il ‘silenzio’ nella cerimonia funebre, dovrebbe risuonare negli animi per provocare riflessione silenziosa e determinata sui gravi problemi concreti e urgenti dell’Italia e del mondo. A Nassiriya ci sono ancora duemila giovani italiani in divisa. Abbandonando ogni spirito polemico, speriamo che tornino presto tutti sani e salvi. Il nuovo governo dovrà farsene carico con senso di responsabilità. È un umano e saggio desiderio. Ma è ancora più umano e più cristiano sperare che in quel Paese non vi sia il terrorismo, nessuno sia così disperato da diventare una bomba umana, e non vi sia la necessità che qualcuno dall’esterno debba garantire la sicurezza e provvedere a bisogni primari. Il popolo italiano non potrebbe sentirsi profondamente unito in questo auspicio?

AUTORE: Elio Bromuri