Per una realtà come quella eugubina, il Giorno della Memoria, voluto per ricordare le vittime dell’Olocausto, dell’odio e della guerra rappresenta un momento di coinvolgimento e commozione. Non potrebbe essere diversamente per una popolazione ancora oggi provata dall’eccidio dei Quaranta Martiri (22 giugno 1944). Le testimonianze dei sopravvissuti rappesentano pagine di storia viva messe a disposizione di tutti perché ciascuno concorra per la propria parte a far sì che non abbiano più a ripetersi. Il solo ascoltarle per raccontarle agli altri provoca brividi, ammirazione, rispetto, gratitudine.
Giuseppe “Jo” Cecchini, ex gloria del calcio eugubino, è l’ultimo dei concittadini in vita ad essere passato per i campi di internamento/smistamento. Ricostruisce un biennio di sofferenze, paure e umiliazioni senza rancore. Catturato il 9 settembre 1943 a Cremona, dove prestava servizio di prima nomina come sottotenente, dopo due giorni trascorsi a Mantova, la “tradotta” e l’approdo in Polonia, peregrinando attraverso tre “campi”, l’ultimo dei quali a Czestochowa. Da qui il viaggio verso la Germania, passando da una città all’altra fino ad arrivare a Wietzendorf. Con lucidità Giuseppe ricostruisce episodi, fatti, circostanze.
Oltre alla disumanità dei controlli e del trattamento, traspare la precarietà dell’esistenza, il sovraffollamento delle baracche di legno, i morsi della fame. “A Torun in Polonia, mi ero ritrovato – ricorda – con l’eugubino Enrico Fiorucci, addetto alla cucina; di nascosto riusciva a darmi qualcosina in più dell’unica razione quotidiana di ‘sbiobba’. Sono stato scoperto, mi hanno aizzato un cane contro e strappato di mano la gavetta… tra l’altro, era di un amico”. L’episodio più drammatico in Germania. “Una mattina, mentre ci lavavamo a una fontanella, un compagno aveva appoggiato la giacca sul filo spinato. Un gesto interpretato come tentativo di fuga: gli spararono a bruciapelo, uccidendolo”.
La corrispondenza con i familiari, utilizzando perifrasi per sollecitare l’invio di qualcosa da mettere sotto i denti, era un diversivo ed una speranza . La liberazione il 16 aprile 1945 da parte degli inglesi “che ci hanno trattato con grandissima umanità”; dopo due anni, trascorsi per altro indossando sempre il vestito con il quale era stato catturato a Cremona, pesava appena 40 kg, rispetto ai 65-68 iniziali.
Il ritorno a casa il 31 agostro 1945; da allora un impegno perché nessuno dimentichi. La denominazione del parco della Vittorina “largo Martiri dei Lager” è una sua conquista.