‘Il livello di informazione dei cattolici italiani sulla loro religione è assai povero’: così Corrado Augias, su La Repubblica di domenica 23 luglio, conclude la sua risposta alla provocazione di Franco Vicentini; vero; la vicenda editoriale del Codice da Vinci lo ha ampiamente confermato. Ci vuole uno stomaco da struzzo per digerire l’orribile polpettone, eppure l’hanno trangugiato impavidi centinaia di milioni di persone, in tutto il mondo. A Treviso è stato presentato un questionario a 320 studenti delle superiori. ‘Lola, cosa impari a scuola? Non una parola?’. Il pessimo livello dell’informazione religiosa di quei giovani ha il suo drammatico riscontro nel buono/ottimo livello delle loro conoscenze in tutti gli altri campi. ‘Cosa rispose Gesù a coloro che gli chiedevano quale fosse il comandamento più grande?’. Non l’ha saputo dire nessuno, nessuno ha risposto. Nessuno. E la lettera conclude, provocatoriamente: ‘Perché lo Stato paga 22 mila insegnanti di religione se gli studenti imparano così male il cristianesimo?’ Ventiduemila. E sono in gamba, molto più di quanto lo fossimo noi giovani preti di 45 anni fa, che, pur non avendone la vocazione, pur di rimediare qualche scudo chiedevamo al Vescovo qualche ora di insegnamento di religione nella scuole statali. Nel 1962 il molto venerabile Seminario vescovile di Gubbio attribuiva a me, giovanissimo ed entusiasta docente di italiano, latino, storia, geografia, educazione civica, buone maniere e quant’altro, la poco venerabile somma di ‘100 (cento) all’ora. I docenti di religione di oggi che conosco hanno tutti una buona preparazione specifica, ma quell’insegnamento rimane difficilissimo e non è certo imputabile a loro la sproporzione impegno/competenza e risultati. Torna prepotente, nel moto pendolare scuola pubblica/ scuola privata, il ‘come’ dell’informazione religiosa: non della fede, che non s’insegna, ma pure presuppone la conoscenza, fides ex auditu. Mio figlio conosca pure Kant e le sue delikatessen, o Leibnitz e la sue monadi, oltretutto costruite in dispregio dell’Ars aedificandi (‘Senza porte e senza finestre’!), se poi non conosce Gesù Cristo? Imparziale la scuola statale? Ma va’ là!! Questa imparzialità è solo un’invenzione di gente che aveva le sue buone ragioni per oscurare Gesù Cristo. Allora bisogna ricominciare da capo. Da dove? Dalle facoltà di teologia appaiate in pari dignità a quelle di filosofia? Dall’insegnamento di Cultura generale impartito collegialmente (come succede alla elementari) da più docenti, ognuno con la sua competenza (storia civile, storia religiosa, filosofia della vita, ateismo militante, spiritualità del servizio’)? Sto dicendo banalità perché non me ne intendo. Ho le idee confuse. Una sola, l’idea chiara: così non si può andare avanti.