Quella tiepida sera del 28 ottobre 1958. Era l’undicesima volta che noi del II anno di Teologia del Laterano correvano a S. Pietro. Era l’undicesima volta che dal sagrato di S. Pietro levavamo in alto il naso, in direzione del fatidico tubo che svettava dal triangolo della Cappella Sistina, per capire se la fumata era ancora nera o finalmente bianca. Io all’inizio del Conclave tifavo per il card. Agagianian, armeno, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Poi a metà conclave -sia detto con tutto il rispetto- avevo cambiato cavallo; la lettura dei giornali mi aveva fatto propendere per il canadese Card. Paul Emile Leger. Dolcemente barbuto, modestamente solenne, piacevolmente suasivo il primo. Arguto, deciso, moderno il secondo. La mia era un’opzione -diciamo- prevalentemente fisionomica, ma -si sa- la fisionomia non è la prima caratteristica che lo Spirito Santo tiene presente nello scegliere un Papa. Altrimenti non avrebbe sicuramente scelto Papa Giovanni. Le caratteristiche fisiche del Papa Buono che lo sceneggiato televisivo ha colto meglio sono state le orecchie e il movimento delle braccia. Le orecchie erano proprio come le hanno ricostruite i truccatori della televisione nazionale: ampie, spaparanzate, a volute placide e distese. Le braccia le muoveva proprio in quel modo: quando le protendeva, avanzava prima l’avambraccio, come capita spesso agli obesi. La parola no, non suonava affatto come quella che la TV gli ha messo in bocca. Papa Giovanni aveva la lingua più grande dell’alloggiamento destinato a contenerla, come Fabrizio Frizzi, per cui nell’atto di spuntare la sua parlata aveva un che di umido, che poi scompariva e dava luogo a dei toni caldi, coinvolgenti, con improvvisi rimbalzi fonici, come altrettante punte di spillo per l’attenzione eventualmente calante dell’ascoltatore. Durante quel conclave, di noi del II anno di Teologia del Seminario Romano solo Antonio Bonacina tifava per Roncalli. Era anche lui di Sotto il Monte, e Papa Giovanni, alla prima visita che avrebbe fatto al nostro seminario, si sarebbe rivolto a noi, con l’indice puntato verso Antonio: “Dalla finestra di casa mia si vede la finestra di casa sua…”.Francamente, pensare Roncalli papa era proibitivo per gente culturalmente puntuta come eravamo tutti noi, o quasi tutti. Quando dal balcone dell’Aula delle Benedizioni il Card Pizzardo (Dài, muòviti!!) ebbe terminato la lunghissima formula latina…: abbiamo capito bene? Angelum Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Roncalli, qui sibi nomen imposuit Iohannem Vigesimum Tertium.Abbiamo capito bene? Fu una sgradevole sorpresa.