Sono 2 milioni e 900 mila gli studenti mai arrivati al diploma negli ultimi 15 anni, il 37% negli istituti professionali. Su 100 allievi iscritti al primo anno, 27 non arriveranno a sostenere l’esame di maturità: quasi un terzo.
Sono questi i dati forniti dal dossier Tuttoscuola 2014 sulla dispersione scolastica, che evidenziano un fenomeno sociale reale, un disagio, un fallimento formativo degli adulti, ancor prima che dei giovani.
Una soluzione però c’è e si chiama “formazione professionale”, ovvero quel tipo di formazione volta a dare ai ragazzi, attraverso l’alternanza fra teoria e pratica, una qualifica spendibile sul mercato del lavoro. Per esempio, meccanico, elettricista, operatore della ristorazione, ecc.
Se ne è parlato mercoledì in occasione del convegno nazionale “Formazione professionale iniziale – La sfida di don Bosco”, organizzato dal Cnos-Fap (Centro nazionale opere salesiane – Formazione e aggiornamento professionale) presente anche in Umbria nei tre centri di Perugia, Foligno e Marsciano, che ospitano circa 300 ragazzi.
“La formazione professionale – ha spiegato Filippo Pergola, psicologo e moderatore del convegno – può essere uno strumento davvero efficace contro la dispersione. Costringere tutti i ragazzi a incanalarsi in un percorso educativo univoco porta al fallimento e all’abbandono di coloro che non ce la fanno. Fornirgli una valida alternativa, un modo diverso di fare cultura, è la strada per il loro successo e la loro piena realizzazione”.
Ma il modo migliore per capire le potenzialità della formazione professionale è darne un esempio concreto. Come il progetto TechPro2, esperienza di collaborazione nella formazione tra i Cfp (Centri di formazione professionale) gestiti dai Salesiani e la multinazionale nel campo dei trasporti Cnh Industrial.
“Il progetto – spiega Daniela Ropolo, dirigente di Cnh Industrial – nasce da una duplice esigenza: far fronte alla carenza di personale tecnico specializzato e motivato, e fornire un’opportunità reale ai giovani”.
Da questo ‘matrimonio’ sono così nati corsi di formazione professionale nel settore meccanico in 56 Cfp sparsi in tutto il mondo. “Noi – continua Ropolo – diamo l’appoggio economico, i materiali (come veicoli, motori, ecc.), le nostre conoscenze aziendali. I Salesiani mettono tutto il resto: la loro enorme esperienza nel campo della formazione e la capacità unica di parlare ai giovani”. Il risultato? Oltre 9.000 giovani formati in quattro Continenti.
“L’Europa – ha aggiunto Roberto Dasso, direttore generale di Arsel Liguria (Agenzia regionale per i servizi educativi e per il lavoro) – ci chiede questo: più corsi legati al lavoro e all’impresa. Dobbiamo rispondere agli stimoli europei e colmare il nostro ritardo. Non più semplicemente ‘sapere’, ma ‘saper fare’, avere delle competenze reali e spendibili”.
Eppure in Italia c’è ancora da combattere il pregiudizio tutto nostrano, specie nel Centro e Sud Italia, per cui la formazione professionale costituisce un’istruzione di serie B, proprio per la sua vocazione alla pratica e al lavoro.
“Noi italiani – ha sottolineato Giuseppe Tacconi, ricercatore dell’Università di Verona in Didattica e pedagogia speciale – manteniamo questa sorta di pregiudizio nei confronti del lavoro manuale, ritenuto inferiore a quello intellettuale. Ma il lavoro è già di per sé una grande scuola di relazioni, di saperi, di professionalità, di vita. Non poniamo questo divario insanabile fra scuola e lavoro, ma facciamo diventare il lavoro parte integrante e fruttuosa della scuola, come avviene nei Centri di formazione professionale di don Bosco”.
“In una società sempre più competitiva – ha sottolineato don Pascual Chavez, rettor maggiore emerito dei Salesiani – il miglior regalo che possiamo fare ai giovani, specie a quelli a cui la vita ha dato meno, è l’educazione per creare buoni lavoratori e attivi cittadini. Ma è anche il miglior regalo che possiamo fare a noi stessi, alla società tutta, all’Italia”.