Una scelta di Chiesa protesa alla “ricerca della salvezza”

Il Ceis ricorda il suo fondatore nel XII anniversario della morte

Cattedrale gremita, domenica scorsa 4 novembre: ci sono particolarmente i ragazzi e il personale del Ceis (centro di solidarietà, per la tossicodipendenza), nell’anniversario della morte del fondatore e primo presidente, don Guerrino Rota, scomparso all’improvviso proprio all’alba della Festa dei Santi di dodici anni fa. Non è il primo prete che scompare così, anche per la data. Borgo Trevi ha ricordato proprio la settimana scorsa il carissimo don Michele Nizzi, mancato ai vivi sedici anni fa ugualmente il 1 novembre, o don Pietro Pantalla, priore di Trevi, colpito da infarto lo scorso 27 ottobre. L’arcivescovo, mons. Fontana, nell’omelia per don Guerrino, si è rivolto particolarmente ai preti, invitandoli, come Cristo con Zaccheo – vangelo del giorno – e come poi don Guerrino con i suoi ragazzi a “cercare per salvare”: questa è infatti la Chiesa. C’è un momento, come per Zaccheo, in cui si incrociano gli occhi di Cristo con gli occhi del disperato, e si rinnova il miracolo di Gerico, città dell’alternativa, quando nella fede si riaccende la speranza. A patto che gli occhi del prete siano gli occhi di Cristo, che si vada al concreto e non ci si perda nelle astrazioni. Questo fu don Guerrino. Purtroppo la droga è anche di oggi. Proprio negli ultimi giorni di ottobre, su disposizione di Francesca Peppicelli, commissario di Pubblica sicurezza a Spoleto, nel corso di una retata protrattasi per ben 48 ore è stata arrestata sulla Flaminia il corriere della cocaina (una donna). E ugualmente in questi giorni, nel corso di un’operazione coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Spoleto, Manuela Commodi, i carabinieri hanno arrestato un operaio insospettabile, oriundo di Roma, che coltivava in casa una serra di canapa (sul mercato, 10.000 lire al grammo).

La scelta di don Guerrino, maturò allora con il suo Vescovo, con il vicario generale, mons. Giuseppe Chiaretti, oggi arcivescovo di Perugia. Non fu, come ha detto mons. Fontana, una scelta ideologica o di partito, bensì una scelta di Chiesa, protesa alla “ricerca per la salvezza”. Domenica scorsa, uno dei ragazzi del Ceis, ha voluto realizzare una gigantografia di don Guerrino che poi ha collocato sulla porta della cattedrale. “La porta delle porte – ha detto mons. Fontana – per la quale si giunge a Cristo, la porta dell’equivalenza Chiesa-Cristo”. Don Guerrino ne dette testimonianza e i suoi giovani glielo riconoscono. Ricordiamo ancora le parole di mons. Chiaretti, dodici anni fa, quando il nostro presbiterio dette l’ultimo saluto a don Guerrino, giustamente esaltato e da qualcuno addirittura riscoperto: “La droga, una causa o un sintomo? In tempi in cui si parlava della droga come d’un gesto di contestazione contro la società, un testo di sovrana libertà, ci volle del coraggio per contestare questo mito e sostenere che la droga è sintomo d’un male oscuro, un cancro rovinoso della dignità, che aggredisce proprio i più giovani… un vuoto esistenziale, una identità povera, mancanza di speranza, fuga dalle responsabilità, uno strano inconsapevole grido a Dio. I giovani cercavano aiuti: don Guerrino si rese immediatamente disponibile per questo difficile servizio. Il suo stato di vita cambiò radicalmente”.

Eredità preziosa, e occorre raccoglierla. È quello che ci ha detto mons. Fontana nella sua omelia: raccoglierla con tutto il coraggio necessario. Peccatori? E che importa? Proprio per questo fratelli ancora più cari: cercarli dovunque e salvarli. Il Ceis di Spoleto è tutto qui. Come ci conferma il cofondatore e successore don Eugenio Bartoli, che dirige oggi il grande complesso. Avremo occasione di riparlarne tra un mese quando si celebrerà la “Giornata del Giubilato” e tutta la diocesi si raccoglierà attorno a questo Centro, vero segno dei tempi, scaturito dal cuore di un prete, cui si è unita tutta la sua Chiesa. Siamo in tempo di Sinodo: non è poco significativo che i primi tre documenti approvati siano stati quelli dei giovani, della carità e dei beni della Chiesa da indirizzare a opere di carità. Un’identità irrinunciabile. Tornano alla mente i versi di Karol Wojtyla nel 1950, sulla “donna di Sichar”, la samaritana, che non dimenticherà più le parole di Lui:”Sono venuto per prevalere con il mio sangue – sono venuto a cercare stanchezza – io vostro simile”.

AUTORE: Agostino Rossi