Tutte le comunità parrocchiali hanno concluso l’anno pastorale, ed ora è tempo del meritato riposo per il parroco e per tutti coloro che con lui hanno collaborato nel realizzare il programma parrocchiale. Riposo giusto e necessario, come suggeriscono le indicazioni della Chiesa: necessario per recuperare le energie, ma anche per fare le debite verifiche del lavoro svolto. E a proposito di verifiche, possiamo tutti domandarci: come è stato accolto l’invito di Papa Benedetto XVI a celebrare l’Anno della fede? Nella catechesi di mercoledì 17 ottobre 2012 il Santo Padre così motivava la scelta di proclamare un Anno della fede: “Con la lettera apostolica Porta fidei ho indetto questo anno speciale proprio perché la Chiesa rinnovi l’entusiasmo di credere in Gesù Cristo, unico salvatore del mondo, ravvivi la gioia di camminare sulla via che ci ha indicato, e testimoni in modo concreto la forza trasformante della fede”. Questo anno speciale, che si concluderà il 24 novembre, nella solennità di Cristo Re dell’universo, ha raggiunto gli obiettivi indicati? Sempre nella catechesi sopra citata, il Santo Padre manifestava l’intenzione di “fare un cammino per rafforzare o ritrovare la gioia della fede, comprendendo che essa non è qualcosa di estraneo, di staccato dalla vita concreta, ma ne è l’anima. La fede in un Dio che è amore, e che si è fatto vicino all’uomo incarnandosi e donando se stesso sulla croce per salvarci e riaprirci le porte del Cielo, indica in modo luminoso che solo nell’amore consiste la pienezza dell’uomo”.
Il Papa parlava di entusiasmo e di gioia da vivere in noi stessi e da trasmettere agli altri con il nostro atteggiamento fiducioso nell’amore fedele di Dio. Abbiamo messo in atto qualche iniziativa che aiutasse i fedeli a riscoprire questi sentimenti che rendono la vita del cristiano più bella perché densa di significato, capace di creare qualche nostalgia in chi ancora non si pone il problema della fede? Ma di gioia parla anche Papa Francesco. L’ha già fatto nelle omelie delle messe celebrate al mattino a Santa Marta. Venerdì 31 maggio, commentando le letture del giorno, affermava: “Le due letture di oggi ci parlano di gioia, di allegria: ‘Rallegrati, grida di gioia, dice Sofonia… Il Signore è in mezzo a te; non temere; non lasciarti cadere le braccia! Il Signore è potente; gioirà per te… Esulterà per te con grida di gioia…’ Ma noi cristiani non siamo tanto abituati a parlare di gioia, di allegria. Credo che tante volte ci piacciano più le lamentele! Cosa è la gioia? La chiave per capire questa gioia è quello che dice il vangelo: Elisabetta fu colmata di Spirito santo. Quello che ci dà la gioia è lo Spirito santo. Anche nella prima preghiera della messa abbiamo chiesto la grazia della docilità allo Spirito santo, quello che ci dà la gioia”. Papa Francesco ha citato poi Paolo VI, che diceva che “non si può portare avanti il Vangelo con cristiani tristi, sfiduciati, scoraggiati”. In questo tempo di sosta pastorale possiamo tutti, vescovi, preti, religiosi, religiose, laici, interrogarci su come testimoniamo la nostra fede, come riusciamo ad essere nella gioia anche quando le cose non vanno per il verso da noi sperato o la croce si fa pesante sulle nostre spalle. La gioia viene dallo Spirito, è suo dono ed è capace di illuminare tutta la vita e di renderla lieta con la sua presenza, anche quando umanamente avremmo tutte le ragioni per essere tristi.