“È questa pace, innanzitutto, come dono e frutto dello Spirito, che stasera noi chiediamo con umiltà ed insistenza al Signore risorto” ha detto l’arcivescovo mons. Gualtiero Bassetti nella riflessione proposta alla celebrazione della Parola, prima della recita del Rosario. “La vocazione degli uomini e delle donne di tutta la terra di ogni razza e religione, – ha aggiunto -è quella di poter formare una sola famiglia: la grande famiglia umana. Soltanto se tutti gli uomini con l’aiuto di Dio si ameranno gli uni e gli altri vi sarà vera pace nel mondo e tutti i bimbi potranno vivere senza l’orrore della guerra”.
Mi è sembrato importante riascoltare con voi le parole dell’allocuzione di Papa Francesco, pronunciate durante l’Angelus di domenica scorsa e delle Sorelle Trappiste che acquistano una risonanza ancora più ampia dinanzi al brano del Vangelo di Giovanni: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui!”. Qui si raggiunge davvero il vertice della grandezza e dignità dell’uomo dal piccolo bimbo infante o addirittura nel grembo materno al malato terminale nell’Hospice. L’uomo è una creatura destinata ad essere divinizzata, ad essere inabitata da Dio… “E non abbiate paura dice Gesù perché, quando me ne sarò andato, il consolatore, lo Spirito Santo, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto”. E quale è il grande frutto dello Spirito Santo? La pace: “vi lascio la pace, vi do la mia pace”. La pace è il dono del risorto, il dono della Pentecoste, la grande eredità per tutti i credenti e per tutti gli uomini di buona volontà. E’ questa pace, innanzitutto, come dono e frutto dello Spirito, che stasera noi chiediamo con umiltà ed insistenza al Signore risorto. La vocazione degli uomini e delle donne di tutta la terra di ogni razza e religione, è quella di poter formare una sola famiglia: la grande famiglia umana. Soltanto se tutti gli uomini con l’aiuto di Dio si ameranno gli uni e gli altri vi sarà vera pace nel mondo e tutti i bimbi potranno vivere senza l’orrore della guerra.
Signore, stasera noi siamo tanti, ti supplichiamo: allontana dal cuore degli uomini ciò che può mettere in pericolo la pace, confermaci tutti nella verità, nella giustizia, nell’amore ai fratelli. Ascolta il nostro grido unanime: mai più la guerra, spirale di lutti e di violenze, minaccia per tutte le tue creature.
Ricordo le parole accorate di Benedetto XVI durante la sua visita a Gerusalemme: “la città della pace”: “Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, ascolta il grido degli afflitti, di chi ha paura, di chi è privo di speranza; manda la pace su questa terra santa, nel Medio Oriente, in tutta la famiglia umana, muovi i cuori di quanti invocano il tuo nome, perché percorrano umilmente il cammino della giustizia e della compassione”.
Abbiamo udito le parole di Gesù: “vi lascio la pace, vi do la mia pace, non come la dà il mondo io la do a voi”.
Ricordo e mi martellano dentro le parole di Giorgio La Pira ad un convegno di giuristi del 1951, citando san Giovanni Crisostomo egli diceva: “ ‘Iddio chiederà conto di tutto il mondo a te’. Penso alle mie responsabilità, alle responsabilità dei politici che invece di ripiegarsi sui propri interessi dovrebbero sempre ricercare il bene comune. Penso alla responsabilità dei sacerdoti, dei genitori, di tutti gli educatori: ‘Iddio chiederà conto di tutto il mondo a te!’”.
Se è Gesù che dona la pace, pregare per la pace significa aprire il nostro cuore all’irruzione della potenza innovatrice di Dio. Egli con la forza edificante della sua grazia può creare aperture per la pace là dove sembra che vi siano soltanto ostacoli e chiusure; può rafforzare e allargare la solidarietà della famiglia umana nonostante la lunga storia di divisioni e di lotte.
“Vi lascio la pace, vi do la mia pace”. La pace è una risposta che deve cominciare dal quotidiano: dobbiamo investire i gesti quotidiani di un significato nuovo di pace e fratellanza, di stare al proprio posto, di fare con dedizione il proprio dovere. Il nostro lavoro di ogni giorno, la vita in famiglia con i vicini e con ogni prossimo, può assumere una sfumatura nuova di pacificazione e accoglienza, di intesa e di comprensione reciproca.
Con la forza della fede e con l’aiuto del Signore si possono compiere grandi cose a favore della pace.
Beati gli operatori di pace, beati quei piccoli gesti quotidiani di affetto, di accoglienza e di amicizia che sono profezia di pace. Beato chi è fedele nel poco, perché lo sarà anche nel molto. Se disgraziatamente la guerra è entrata nelle nostre case, ossia nel nostro quotidiano, è allora ancor più urgente che parta proprio dalle nostre case l’opera di pacificazione e di umanizzazione delle relazioni sociali.
Concludo con una stupenda invocazione alla pace del Beato Giovanni XXIII: “Signore, illumina i reggitori dei popoli, affinché, accanto alle giuste sollecitazioni, per i benessere dei loro fratelli garantiscano e difendano il grande tesoro della pace; accendi le volontà di tutti a superare le barriere che dividono a rinsaldare i vincoli della mutua carità, ad essere pronti a comprendere, a compatire, a perdonare, affinché nel tuo nome le genti si uniscano e trionfi nei cuori, nelle famiglie, nel mondo la pace, la tua pace”. Amen!