E’ festa nella cristianità tutta per l’approssimarsi della S. Pasqua. I preparativi fervono ovunque per accogliere la salvezza perennemente rinnovata e si rivitalizzano tradizioni più o meno antiche, ritualità scandite nei cicli storici riaffiorano ogni volta dense di nuovi significati. Ed anche lì dove le gestualità e le rappresentazioni non possono contare su un passato che si ripercorre, la chiesa sta piano piano crescendo, facendo del presente punto di partenza per intense esperienze. Così come in Tanzania, spiega don Ezechiele, parroco di Kigoma, per un anno a Bastia, “la liturgia del triduo pasquale si svolge parallela e con nette similitudini rispetto alle nostre celebrazioni, pur distaccandosene per piccole particolarità”. Don Ezechiele, qual è la differenza maggiore che ha riscontrato tra le nostre festività e la sua Pasqua africana?”Nel mio paese è abitudine consolidata affidare l’intera preparazione della liturgia ai ragazzi. Anzi, non è in realtà un affidare. Sono loro stessi che la vivono come una necessità, la colorano dell’entusiasmo tipico della giovinezza, esprimendosi anche nella vivacità delle vesti e nella fantasia delle decorazioni e degli addobbi, affidati solitamente alle donne. Tempi lunghi di lavoro di gruppo accompagnano la realizzazione finale”. In che modo iniziano le festività?”La domenica delle palme è una delle celebrazioni più importanti, quella che richiama più affluenza di persone. Probabilmente incide in questo la camminata professionale che cattura con la sua forte visualità segnica numerosi partecipanti e soprattutto non tutti cattolici. L’ondeggiare dei grandi rami di palma innalzati verso il cielo dalla folla ha un deciso impatto emozionale e riesce a coinvolgere anche persone spiritualmente più lontane che proprio da qui ricevono stimoli per l’inizio di un cammino religioso”. Vivete la rappresentazione della lavanda dei piedi nel giovedì Santo?”Sì, ovviamente, ma da noi, diversamente che a Bastia, le persone scelte a cui saranno lavati i piedi sono esclusivamente uomini, come diretti discendenti degli apostoli. Un’altra nostra peculiarità sta nella benedizione dell’Olio Sacro, svolta un tempo il giovedì mattina e spostata ora, per permettere una più ampia disponibilità nella partecipazione dei sacerdoti delle diverse parrocchie, al martedì. Infatti la celebrazione è riservata solo a poche città dove ha luogo la sede vescovile e si esegue nella cattedrale. A causa della distanza dai vari villaggi e dell’imminenza delle festività pasquali infatti, in un primo momento, si registravano discrete assenze. Ma l’incontro che suscita più entusiasmo è l’Adorazione del Santissimo Sacramento, tanto che in alcune parrocchie la preghiera presso di esso è stata prolungata per tutta la notte, con veglie di canti, letture e soprattutto splendide testimonianze. C’è invece un aspetto che gradirei valorizzare a Kigoma quando tornerò. Mi ha molto colpito l’esperienza della Via Crucis nelle diverse zone di Bastia. Da noi le tappe della Passione di Gesù vengono ripercorse solo all’interno dell’edificio sacro: la gente è molto più numerosa che nelle assemblee domenicali; la sofferenza è sentita al di là della storia e delle parole e si fa più concreta e vera. Per questo sarebbe utile approfondire in modo nuovo questo aspetto. Inoltre, per lo stesso motivo, nella nostra realtà la Croce del Cristo non è portata in processione, ma i sacerdoti alla fine della Messa girano tra i credenti portando tra le mani una piccola croce, delle dimensioni di un’ostia, di fronte alla quale ci si può inginocchiare o pregare o porsi nell’atto di baciarla. Durante questo incontro tutte le letture vengono cantate” . Ed infine il giorno della Pasqua?”E’ un momento di grande gioia, la festa massima. Le celebrazioni iniziano la sera del sabato Santo, molto presto, a seconda della durata della luce nelle diverse città, più o meno dalle ventidue fino alle una o le due della notte. Sono tempi molto lunghi perché spesso nel battesimo degli adulti, durante la Veglia Santa, ricevono il sacramento anche fino a duecento-trecento persone. Il giorno seguente le famiglie si riuniscono insieme intorno alle mense, a piccoli grandi gruppi e per cogliere la singolarità del momento, che i bambini attendono con ansia, si consuma – per noi è una rarità – carne. L’aspetto stupefacente è che partecipano al convivio, ai giochi e alle danze tutte le genti del villaggio, anche non praticanti. Se la città è più ricca si preparano anche dolci”. Le mancano le festività in Tanzania?”Qui è bellissima la vitalità pastorale, l’attività intensa dei tanti gruppi, mi piacerebbe solo che partecipassero in quantità più grande i ragazzi, soprattutto nell’animazione della liturgia. Mi trovo benissimo, spero solo di abituarmi ai ritmi un po’ frenetici del vostro modo di vivere!”
Una festa fino a notte inoltrata. Il giorno dopo tutti insieme a mensa
Don Ezechiele, parroco di Kigoma (Tanzania), racconta la Pasqua della sua gente
AUTORE:
Simona Marchetti