Alle elezioni del 25 maggio scorso la lista civica “Progetto Perugia” si è aggiudicata il 4,77% delle preferenze nella coalizione di centrodestra, al secondo posto dopo Forza Italia (11,72% dei voti) e prima di altri schieramenti partitici come Ncd (4,36%) e Fratelli d’Italia (4,29%). Un risultato che oggi vale tre posti in Consiglio comunale e la soddisfazione di aver contribuito nei fatti alla vittoria storica di Andrea Romizi. Ma l’influenza di Progetto Perugia nell’affermazione del nuovo primo cittadino non sta soltanto nei numeri e comincia da lontano.
Circa un anno fa, un gruppo di persone provenienti dal mondo cattolico decise di sedersi intorno ad un tavolo per ragionare su un possibile impegno politico o “pre-politico”, in vista delle elezioni. Nel confronto su diverse opzioni ed opinioni il gruppo non è giunto ad una scelta comune ma una parte dei partecipanti aveva maturato la determinazione a partecipare direttamente alla competizione elettorale, soprattutto quando il centro destra presentò Zaganelli come candidato sindaco.
Questo è stato l’evento che ha fatto “incrociare” il percorso di questi con quello del consigliere comunale Udc Otello Numerini “a cui – ricorda Maria Grazia Marcacci di Progetto Perugia – va dato atto di aver avuto profonda coerenza e il coraggio del momento”. Dopo la candidatura Zaganelli, infatti, Numerini aveva in un primo momento deciso di correre da solo per la poltrona di palazzo dei Priori con una lista centrista.
Una decisione che fu, ricorda Numerini “tra i motivi che spinsero poco dopo Zaganelli a rinunciare alla propria candidatura”, lasciando il posto al 35enne Romizi. “La scelta di Andrea – spiega Numerini – ci ha convinto ad abbandonare l’idea della corsa autonoma e a dare il nostro sostegno in coalizione. Conosco Romizi, ho stima di lui e ho potuto apprezzare le sue doti di amministratore nei dieci anni che ha trascorso in Consiglio comunale”.
La scommessa di Andrea Romizi ha convinto tutti dentro Progetto Perugia, anche chi non lo conosceva direttamente come Francesco Vignaroli. “Nonostante – afferma quest’ultimo – credessi fortemente nella possibilità dell’alternanza e, quindi, partissi dalla convinzione di sostenere comunque il candidato di centrodestra, Romizi mi ha conquistato, ho scoperto in lui una persona che ama veramente Perugia. È stata la sua persona uno dei fattori di successo più determinanti, stupendo tutti e catalizzando l’attenzione di chi voleva cambiare”. Giovane, ma non sprovveduto, “ha avuto l’intelligenza di dire a tutti che era necessario ‘cambiare testa’ per cambiare la città – sottolinea Maria Grazia Marcacci -, senza voti ideologici, ma aprendo un dialogo con tutte le parti, ricostruendo una serenità nei rapporto persa da anni”.
Nonostante gli entusiasmi, comunque, la salita verso palazzo dei Priori si prospettava tutt’altro che semplice. ‘Espugnare’ il potere decennale della Sinistra era una speranza che, in molti, ritenevano irrealizzabile. Anche alla luce dei risultati del 25 maggio che, nonostante il mancato superamento del 50%, avevano consegnato all’ex sindaco Wladimiro Boccali la certezza del 46,55% di voti, a circa 20 punti di distanza da quel 26,31% di preferenze andato a Romizi. “Eppure – ricorda Numerini – noi abbiamo percepito che c’era un piccolo segnale di vittoria. Se, infatti, a livello nazionale il Pd era andato molto bene, a livello locale la percentuale era stata molto più bassa. Inoltre, i voti ottenuti dalle liste erano di più di quelli dati al candidato sindaco, a dimostrazione di un giudizio negativo della città nei confronti di Boccali. Le due settimane che hanno preceduto il ballottaggio, soprattutto l’ultima, sono state poi, sempre più, la conferma di una svolta, visto anche l’entusiasmo e la partecipazione della gente alle varie manifestazioni, anche nelle periferie, da sempre roccaforti della Sinistra”.