In maniera insolita e inaspettata, e con un’espressione spontanea e alquanto sferzante, Papa Francesco ai mille preti del Rinnovamento nello Spirito che lo ascoltano con le orecchie tese dice che con gli ortodossi siamo riusciti a litigare, e sulla diversità della data della Pasqua ha ridicolizzato il fatto immaginando un incontro tra un ortodosso e un cattolico, a domanda e risposta: “Il tuo Cristo è risorto? Il mio risorge la settimana prossima”.
La celebrazione unitaria della cristianità intera della Pasqua, infatti, avviene di rado e solo per coincidenza di fatti astronomici che qui sarebbe difficoltoso spiegare (e chi scrive non sarebbe in grado di farlo).
La prossima data comune dovrebbe essere il 16 aprile 2017, ma solo eccezionalmente coincide.
La questione della data della Pasqua, in realtà, con modalità e motivazioni diverse, ha attraversato la storia della cristianità fin dall’inizio della Chiesa. Ciò che fa pensare e profondamente colpisce, come ha notato Papa Francesco, è il dato che i cristiani – nonostante vari tentativi – non siano riusciti a trovare una soluzione.
Probabilmente al fondo c’è la convinzione che la data sia meno importante del fatto che Cristo è morto e risorto: l’evento della Risurrezione travalica ogni confinamento rituale o di calendario, essendo di portata cosmica ed eterna. L’evento conta più che il giorno e l’ora in cui si ricorda e si celebra.
Tuttavia celebrare insieme, tutti i cristiani, e proclamare al mondo a una sola voce, in un determinato giorno del calendario universale, che “Cristo è risorto, è veramente risorto!”, in convinta e compatta adesione all’integra fede pasquale, assumerebbe una forte rilevanza sul piano della comunicazione e quindi dell’evangelizzazione.
I non credenti e i seguaci di altre religioni, dalla disparità della celebrazione della Pasqua, sono facilmente indotti a notare segni di dubbio e incertezza storica, e quindi una debolezza dell’annuncio; inoltre possono riscontrare lo stato di disunione, se non di conflittualità, tra cristiani.
È per questo, pensiamo, che Papa Francesco ha tirato fuori la questione in un momento in cui nessuno ci pensava, ed è per lo stesso motivo che nel movimento ecumenico moderno il problema è stato affrontato a livello di dialogo interconfessionale. Un documento importante è quello denominato Verso una data comune per la Pasqua. Dichiarazione di Aleppo , frutto di una consultazione svolta nel marzo 1997, promossa dal Consiglio ecumenico delle Chiesa e dalle Chiese del Medio Oriente, presenti anche rappresentanti del Pontificio consiglio per l’unità dei cristiani, del Patriarcato ecumenico, della Chiesa anglicana e degli Avventisti del settimo giorno.
Questo rapporto non è conclusivo, ma propone una consultazione allargata il più possibile, che si sarebbe dovuta svolgere nel 2001. Intanto nell’ottobre 1998 è stata data una risposta alla dichiarazione di Aleppo da parte della Consulta teologica ortodossa-cattolica, in cui si riafferma l’importanza pastorale di giungere a una data condivisa. Si afferma tra l’altro: “Celebrando la Pasqua in domeniche diverse dell’anno, le Chiese danno una testimonianza divisa a questo mistero, compromettendo la loro credibilità e la loro efficacia nel portare il Vangelo al mondo” (Enchiridion oecumenicum , Edb, vol.8, n. 3123).
Il criterio dell’accordo possibile secondo le indicazioni “scaturite dal dialogo è molto semplice: riaffermare le norme stabilite dal primo Concilio ecumenico di Nicea (325) secondo le quali la Pasqua deve cadere nella domenica che segue la prima luna di primavera e calcolare la data astronomica (equinozio di primavera e luna piena) con gli strumenti scientifici più accurati, basando il calcolo sul meridiano di Gerusalemme” (vedi Risposta comune alla Dichiarazione di Aleppo sulla data della Pasqua , su Ench. oec. vol. 8, n 3122 ss).
Da parte delle Chiese cristiane non resta che mettere in atto con umiltà e disponibilità un progetto comune e ascoltare l’invito di san Paolo, come un grido che risuona più che mai urgente oggi, in un mondo globalizzato e mediatico: “Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa” (1 Cor 5,7-8). Insieme.
I due calendari
La diversità della data nella celebrazione della Pasqua, per cattolici e ortodossi, dipende dai calcoli riferiti a due diversi calendari: quello gregoriano, opera di papa Gregorio XIII (1582), riformato in base a criteri puramente astronomici e non confessionali, che però non è stato accettato dal mondo ortodosso, che ha continuato a fare i calcoli con il vecchio calendario lunare chiamato giuliano, proprio da Giulio Cesare, ormai piuttosto “datato” e non conforme a calcoli più esatti. Qualcuno malignamente ha detto che in Oriente si è preferito contraddire l’astronomia piuttosto che andare d’accordo con il Papa.