Immigrazione, un fenomeno recente in Italia, rispetto ad altri Paesi europei. Ma ormai anche da noi i residenti in Italia che non sono nati in Italia sfiorano i 5 milioni (come in Inghilterra, contro i 6 milioni della Spagna e gli oltre 7 milioni della Germania). Dimensioni imponenti e in crescita: gli iscritti nelle nostre scuole senza cittadinanza italiana erano 196.414 nell’anno scolastico 2001-2002, sono stati 784.630 nell’anno scolastico 2012-2013. Quelli che tra loro ottengono un diploma di scuola media superiore o una laurea sono tanti, in percentuale, quasi quanto gli Italiani.
2014, dati ufficiali: vengono dalla Commissione Onu per i rifugiati, l’Unhcr (United Nations High Commissioner for Refugee): dal 1° gennaio al 24 agosto 2014 sono stati circa 124.380 gli arrivi via mare dall’Africa in Europa, ben 108.172 dei quali dall’Africa in Italia; tra di loro, almeno 14 mila minori, di cui 8.600 non accompagnati. Poveri ragazzi! Dall’Eritrea, dalla Siria, dalla Somalia fuggono dal caos politico, dagli ammazzamenti generalizzati, dalla dignità calpestata delle persone; tentano di fuggire verso la vita. I morti affogati? Nessuno lo sa. Migliaia.
Problemi enormi, certo!, quelli legati all’immigrazione, come è sempre accaduto, associati da una parte all’aumento della criminalità nel Paese che li accoglie, dall’altra al rilancio demografico e lavorativo di quello stesso Paese. “Ributtiamoli a mare!”, tuonava Bossi, con in cuore uno struggente rimpianto per le cannoniere del passato. “Rimandiamoli a casa!”, tuona Matteo Salvini, rubizzo come l’Ercolino sempre in piedi.
Qualche centinaio di questi ragazzi sono stati accolti anche dalle nostre parti, ma perlopiù passano la giornata a girarsi i pollici. E io sono entrato in ebollizione, perché anche la mia Comunità, con le quattro cooperative sociali (la San Girolamo, la Saonda, l’Agricola Colfiorito di Gubbio, la Sigipa) che le reggono il moccolo, potrebbe offrire la possibilità a diversi lavori artigianali, che quei ragazzi potrebbero imparare da noi per poi praticarli nel loro Paese d’origine, o in qualche Paese del Nord Europa dove sono scomparsi da tempo, e dove la gente è stufa della plastica e dei suoi sottoprodotti, come la musica heavy metal e tanta altra robaccia…
Molti lavori, molti: falegnameria, corniceria, produzione articoli carnevaleschi, riproduzioni in argento di pezzi unici della nostra arte, produzione di carta a mano per fotografi, ecc. Ma non partiremo se non avremo alle spalle delle imprese solide, che prendano in mano il management dei nostri sogni. Ho in mente quattro o cinque volti, che erano ragazzi quando anch’io ero poco più che un ragazzo… chissà se i buoni propositi di allora sono ancora vivi? O se, nel libro che ho scritto (Non per loro, ma con loro) e che forse qualcuno pubblicherà, dovrò aggiungere un altro paragrafo al capitolo intitolato “La sagra dei buchi nell’acqua”? Tanti buchi. Non ne serve un altro.