Così, Berlusconi è stato dichiarato decaduto da senatore; ed esce dalla scena parlamentare, anche se non da quella politica. Un episodio a dir poco spiacevole; si può capire che i suoi sostenitori lo abbiano vissuto con dolore. I più intelligenti dei suoi avversari, nel vedere cacciato come un malfattore (sia pure a buon diritto, dal loro punto di vista) un uomo che è stato Capo del governo del Paese, dovrebbero provare un po’ di amarezza. Se non altro per non aver saputo – o voluto? – sbarrargli prima il passo con gli strumenti della politica e della democrazia. Ma, per quanto spiacevole, la decadenza era un atto dovuto in base alla Costituzione e alla legge, e non c’erano margini di discrezionalità, né cavilli giuridici, per decidere diversamente. Lo era dal 1° agosto scorso, quando la Cassazione ha confermato definitivamente la condanna a quattro anni di reclusione (di cui tre condonati per indulto) per frode fiscale. Che dice la Costituzione? Ci sono due articoli, il 65 e il 66. L’articolo 65 dice che spetta alla legge ordinaria stabilire le cause di ineleggibilità a deputato e senatore; l’art. 66 dice che ciascuna delle due Camere giudica delle cause di ineleggibilità, anche sopravvenute, dei suoi membri. Il testo è chiarissimo: dichiarare che Tizio è ineleggibile (o se del caso, decaduto) spetta alla Camera di cui fa parte, ma non è una decisione discrezionale, tanto meno politica: deve basarsi esclusivamente sulla legge e applicarla rigorosamente. Quale legge? In questo caso quella che, per comodità, chiamiamo “legge Severino” che, nel quadro della prevenzione della corruzione, dispone che chi è stato condannato a una pena non inferiore a due anni di reclusione è ineleggibile, anzi “incandidabile”, al Parlamento. Questo è il quadro, e dunque parlare di “colpo di Stato” o di “assassinio politico” è fuor di misura. La condanna penale c’è, arrivata alla fine di un lunghissimo processo in tre gradi durante il quale Berlusconi ha avuto opportunità di difesa sconosciute nel resto del mondo, e anche in Italia agli imputati meno abbienti e meno potenti. Altri, al posto di Berlusconi, avrebbero trovato più dignitoso dimettersi spontaneamente; così usava una volta.
Una brutta fine, da due prospettive
AUTORE:
Pier Giorgio Lignani