Merloni, nessuno la compra. O almeno, nessuno l’ha comprata finora. Le aste organizzate dai commissari governativi, secondo il dettato della legge Marzano, sono andate deserte. C’è la crisi: nessuno investe. E la Antonio Merloni, fabbrica dove operano “a singhiozzo” un migliaio di lavoratori non è – oggi – un’attività produttiva appetibile. Alcuni la definiscono “un capannone vuoto”, altri incolpano la “sovracapacità produttiva della meccanica bianca degli elettrodomestici”, tipica dell’Italia. Nel frattempo, la cassa integrazione (2.000 circa i lavoratori, indotto compreso) corre verso l’esaurimento. Se la fabbrica non trovasse compratori, sarebbe un dramma per i suoi operai e le loro famiglie. Fra l’altro molte coppie, moglie e marito, lavorano – o lavoravano – per l’azienda di Gaifana. Merloni, un’azienda da ristrutturare. Sbarra (Cisl): “La Regione sia più decisa” “La situazione non è bella” attacca Ulderico Sbarra (Cisl), usando un eufemismo. “La vicenda Merloni, al momento, è senza soluzioni – continua. – E adesso la partita deve assumere una dimensione realmente nazionale. Come sindacati – spiega ancora – ci mobiliteremo, con i nostri segretari generali Guglielmo Epifani e Raffaele Bonanni e il segretario nazionale della Uil, Carmelo Barbagallo, già da dopodomani mattina (giovedì 17, quando questo numero de La Voce sarà in stampa, ndr) al Palazzetto dello sport di Fabriano”. Una manifestazione nazionale indetta da Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil. “Siamo consapevoli – commenta Sbarra – che a rischiare grosso è la popolazione umbra della dorsale appenninica, già devastata dalla crisi economica”. C’è, ovviamente, il problema di nuove risorse, da reperire quanto prima. Se la Merloni è davvero “uno scatolone vuoto” allora per venderla serve metterci dentro qualche attività. È l’addio ai frigoriferi? “È indispensabile – aggiunge Sbarra – riattivare qualche lavorazione, magari pensando al nuovo, forse alla green economy. Il Governo col nuovo Accordo di programma dovrebbe, a breve, stanziare circa 50 milioni di euro. Ma l’uscita dalla crisi Merloni – chiude Sbarra – non va tutta lasciata in mano a Roma, come è stato sinora. La nostra Regione deve sollecitare il Governo con più coraggio, senza sperare solo nella provvidenza nazionale”. La Cgil: dalla crisi Merloni si esce insiemeIl segretario regionale della Cgil, Manlio Mariotti, precisa: “Il crollo della Merloni è un fallimento per molti: per primo, se oggi parliamo di possibile chiusura dell’azienda, dell’imprenditore. Merloni ha puntato su prodotti di media-bassa qualità; ora l’esigenza produttiva è ridotta al lumicino. Da scenari gravi come questi, si esce fuori solo col lavoro del Governo, della Regione, dei sindacati e degli imprenditori. Insieme”. “La Regione Umbria – conclude Mariotti – va sollecitata in tal senso: serve sapere se la Merloni, ristrutturata, continuerà a fare frigoriferi, reperire risorse per mandare avanti la gestione straordinaria e la cassa integrazione. Ma, soprattutto, va inventato un nuovo modello di sviluppo per scongiurare la desertificazione produttiva di un pezzo della nostra regione”.
Un vuoto da riempire
L’azienda non trova compratori. Forse la si può ancora salvare, ma occorre che chi deve agire lo faccia
AUTORE:
Paolo Giovannelli