In questa domenica la liturgia lascia il Vangelo di Marco e, dalla 17a alla 21a domenica dell’anno B, ci fa meditare sul capitolo 6 di Giovanni. Il miracolo della moltiplicazione dei pani – che viene presentato oggi – è il più importante dei tantissimi operati da Gesù: lo dimostra il fatto che viene riportato da tutti e quattro gli evangelisti, e Marco e Matteo lo raccontano addirittura due volte.
La ragione di questa importanza è chiara leggendo la conclusione del racconto di Giovanni: “Allora la gente, visto il segno che Gesù aveva appena compiuto, cominciò a dire: Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!”. Il miracolo, ci dice l’evangelista è quindi “il segno” che dobbiamo leggere simbolicamente per non cadere nell’equivoco, cosa non infrequente nel Vangelo di Giovanni.
È opportuno tenere presente che l’Evangelista non usa mai il termine “miracolo” per riferirsi ai fatti prodigiosi, ma sempre la parola “segno”. Per aprirci a quanto Gesù vuole rivelarci oggi, dobbiamo entrare nel contesto del segno. Una moltitudine di persone è attratta da lui, perché si prende cura dei malati e li guarisce; ma non è solo un guaritore, un taumaturgo: egli è e resta un Maestro.
Per questo va sul monte, non per ricevere la parola di Dio come Mosè, ma per donarla: per questo si pone a sedere, non tanto perché sia stanco, ma perché questo è l’atteggiamento del maestro quando insegna. Anche la notazione “era vicina la Pasqua” non vuole solo dirci che è primavera. Questa indicazione ci riporta alla grande storia dell’Esodo e ai tanti segni che Dio aveva operato con Mosè per la liberazione degli ebrei e durante il loro cammino verso la Terra promessa. Ma il riferimento alla Pasqua ci spinge anche in avanti e anticipa simbolicamente il dono che Gesù farà del suo corpo nell’Ultima Cena.
Il secondo quadro nel racconto dei pani riguarda la discussione tra Gesù e i discepoli. La gente ha fame? Bisogna comprare il pane. Filippo fa un rapido calcolo: organizzando una colletta, col ricavato si potrebbe distribuire solo un pezzetto di pane per ciascuno degli oltre 5.000 presenti. I discepoli ragionano in termini di mercato, ma Gesù propone un’altra strada: alla logica del comprare sostituisce quella del dare.
Quei pochi panini e quei due pesciolini sono niente per tanta gente, secondo Andrea, ma secondo Gesù sono tanto per tutti, e ce ne sarà d’avanzo. Ecco il “segno”: se 5 sono i pani e 5.000 le persone, un solo pane basterà per mille; il tutto di uno sarà il molto dei tantissimi. Gesù poi compie quei gesti eucaristici che anticipano la sua Cena: prese i pani, rese grazie al Padre (letteralmente, fece eucaristia), li distribuì ai commensali.
Sono i verbi della Cena che danno al pane di Gesù il suo significato più profondo e più vero. Il pane è Gesù stesso; facendo la comunione con lui, riceviamo la sua vita in noi e diventiamo con lui figli del Padre e fratelli tra di noi. Il dono, che Gesù offre colma al di là di ogni misura. Le dodici ceste piene di resti non è un dato marginale, non indica solo la sovrabbondanza del cibo offerto da Gesù.
Il numero 12 ci dice: la comunità cristiana sa che il Pane di vita è custodito dalla Chiesa, il nuovo Israele, fondato sulle dodici colonne degli apostoli. Il segno dei pani ci fa da specchio per la nostra vita di singoli e di famiglie, di educatori e di comunità e ci pone più di una domanda, a cominciare da quella centrale: abbiamo capito il “fatto dei pani”? Partecipare all’eucaristia è rientrare nella logica di Gesù, che non è una logica di proprietà (ognuno per sé) o di quantità (ci vogliono troppi soldi) o di efficienza. Il problema del nostro mondo non è la penuria di pane, ma la povertà di quel lievito che incalza e spinge a condividere, a diventare sacramenti di comunione.
“Al mondo, il cristiano non fornisce pane, fornisce lievito” (Miguel de Unamuno). La logica di Gesù è la logica della gratuità, della condivisione totale: è la logica dell’amore. Per quanto poveri, tutti siamo abbastanza ricchi per avere almeno qualcosa da dare. Cosa possiamo fare? I lamenti sterili e i proclami retorici non risolvono.
Guardiamo bene nel nostro zainetto, abbiamo certamente qualche ora di tempo da donare, qualche talento da offrire, qualche competenza da mettere a disposizione. Chi di noi non ha i suoi “cinque pani e due pesci”? Se siamo disposti a metterli nelle mani del Signore, basteranno e avanzeranno perché nel nostro angolo di mondo ci sia un po’ più di fraternità, di pace, di giustizia, di gioia.