giovedì, 23 Gennaio 2025
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HomeRUBRICHECOMMENTO AL VANGELOUn solo pane basta per mille

Un solo pane basta per mille

In questa domenica la liturgia lascia il Vangelo di Marco e, dalla 17a alla 21a domenica dell’anno B, ci fa meditare sul capitolo 6 di Giovanni. Il miracolo della moltiplicazione dei pani – che viene presentato oggi – è il più importante dei tantissimi operati da Gesù: lo dimostra il fatto che viene riportato da tutti e quattro gli evangelisti, e Marco e Matteo lo raccontano addirittura due volte.

La ragione di questa importanza è chiara leggendo la conclusione del racconto di Giovanni: “Allora la gente, visto il segno che Gesù aveva appena compiuto, cominciò a dire: Questi è davvero il profeta che deve venire nel mondo!”. Il miracolo, ci dice l’evangelista è quindi “il segno” che dobbiamo leggere simbolicamente per non cadere nell’equivoco, cosa non infrequente nel Vangelo di Giovanni.

È opportuno tenere presente che l’Evangelista non usa mai il termine “miracolo” per riferirsi ai fatti prodigiosi, ma sempre la parola “segno”. Per aprirci a quanto Gesù vuole rivelarci oggi, dobbiamo entrare nel contesto del segno. Una moltitudine di persone è attratta da lui, perché si prende cura dei malati e li guarisce; ma non è solo un guaritore, un taumaturgo: egli è e resta un Maestro.

Per questo va sul monte, non per ricevere la parola di Dio come Mosè, ma per donarla: per questo si pone a sedere, non tanto perché sia stanco, ma perché questo è l’atteggiamento del maestro quando insegna. Anche la notazione “era vicina la Pasqua” non vuole solo dirci che è primavera. Questa indicazione ci riporta alla grande storia dell’Esodo e ai tanti segni che Dio aveva operato con Mosè per la liberazione degli ebrei e durante il loro cammino verso la Terra promessa. Ma il riferimento alla Pasqua ci spinge anche in avanti e anticipa simbolicamente il dono che Gesù farà del suo corpo nell’Ultima Cena.

Il secondo quadro nel racconto dei pani riguarda la discussione tra Gesù e i discepoli. La gente ha fame? Bisogna comprare il pane. Filippo fa un rapido calcolo: organizzando una colletta, col ricavato si potrebbe distribuire solo un pezzetto di pane per ciascuno degli oltre 5.000 presenti. I discepoli ragionano in termini di mercato, ma Gesù propone un’altra strada: alla logica del comprare sostituisce quella del dare.

Quei pochi panini e quei due pesciolini sono niente per tanta gente, secondo Andrea, ma secondo Gesù sono tanto per tutti, e ce ne sarà d’avanzo. Ecco il “segno”: se 5 sono i pani e 5.000 le persone, un solo pane basterà per mille; il tutto di uno sarà il molto dei tantissimi. Gesù poi compie quei gesti eucaristici che anticipano la sua Cena: prese i pani, rese grazie al Padre (letteralmente, fece eucaristia), li distribuì ai commensali.

Sono i verbi della Cena che danno al pane di Gesù il suo significato più profondo e più vero. Il pane è Gesù stesso; facendo la comunione con lui, riceviamo la sua vita in noi e diventiamo con lui figli del Padre e fratelli tra di noi. Il dono, che Gesù offre colma al di là di ogni misura. Le dodici ceste piene di resti non è un dato marginale, non indica solo la sovrabbondanza del cibo offerto da Gesù.

Il numero 12 ci dice: la comunità cristiana sa che il Pane di vita è custodito dalla Chiesa, il nuovo Israele, fondato sulle dodici colonne degli apostoli. Il segno dei pani ci fa da specchio per la nostra vita di singoli e di famiglie, di educatori e di comunità e ci pone più di una domanda, a cominciare da quella centrale: abbiamo capito il “fatto dei pani”? Partecipare all’eucaristia è rientrare nella logica di Gesù, che non è una logica di proprietà (ognuno per sé) o di quantità (ci vogliono troppi soldi) o di efficienza. Il problema del nostro mondo non è la penuria di pane, ma la povertà di quel lievito che incalza e spinge a condividere, a diventare sacramenti di comunione.

“Al mondo, il cristiano non fornisce pane, fornisce lievito” (Miguel de Unamuno). La logica di Gesù è la logica della gratuità, della condivisione totale: è la logica dell’amore. Per quanto poveri, tutti siamo abbastanza ricchi per avere almeno qualcosa da dare. Cosa possiamo fare? I lamenti sterili e i proclami retorici non risolvono.

Guardiamo bene nel nostro zainetto, abbiamo certamente qualche ora di tempo da donare, qualche talento da offrire, qualche competenza da mettere a disposizione. Chi di noi non ha i suoi “cinque pani e due pesci”? Se siamo disposti a metterli nelle mani del Signore, basteranno e avanzeranno perché nel nostro angolo di mondo ci sia un po’ più di fraternità, di pace, di giustizia, di gioia.

 

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