di Angelo M. Fanucci
Siamo nell’Era della comunicazione, lo dicono tutti: grazie ai prodigi dell’informatica, una vera e propria valanga di notizie ci viene rovesciata addosso ogni momento. Ne sono parzialmente esclusi quelli che, come lo scrivente, guardano all’informatica come all’ultima invenzione della stregoneria. Una valanga di notizie. Ma quali notizie? Scelte con quale criterio?
Il criterio di scelta che i signori del vapore si propongono costantemente è quello del sensazionalismo. Ormai lo sanno anche i bambini dell’asilo che un cane che morde un uomo fa male, ma non fa notizia, mentre nelle “civiltà” come la nostra, dove la frenesia del mordere la vince sulla considerazione di chi è colui che viene morso, un uomo che morde un cane, càspita se fa notizia!
E velocemente. In un articolo di giornale o in uno spot informatico la scelta del titolo è la cosa fondamentale: che la gente leggerà il testo si può esserne sicuri tanto più quanto più il titolo del testo sarà veloce, emotivo, sorprendente, provocatorio, scioccante.
Ma in questo modo le verità della vita non passano. Passano le ciàcole fra comari che triturano notizie su notizie, con la bella nonchalance delle loro illustri antesignane, le tricoteuses che durante la Rivoluzione francese assistevano ai trionfi della ghigliottina facendo il calzetto.
“Le verità della vita”: quelle che ti aiutano a capire cos’è questo giocattolo che ti sei trovato in mano quando s’è svegliata in te la coscienza. E della vita ti hanno detto, alcuni, che è un giocattolo, altri che è una tragedia.
In questo contesto si capisce bene perché, nel cuore della liturgia del battesimo, la Chiesa quel batuffolo di carne (tenera, umidiccia e frignante) che è stato presentato all’altare lo abiliti a essere profeta, oltre che sacerdote e re.
Pro-femì: “parlo a nome di”. C’è un parlare da parte dei succhi gastrici, e ben che vada serve solo a digerire. C’è un parlare a nome della gonadi, e ben che vada produce solo gameti provvisori. Non è questo il parlare, la “profezia”, che nel battesimo viene assegnata come compito vitale al bambino nell’atto di battezzarlo. Un altro è il parlare che conta. È quello che nasce solo dall’ascolto: dall’ascolto della propria coscienza, dall’ascolto degli altri, dall’ascolto del mondo, dall’ascolto della Chiesa, dall’ascolto di Dio.
Allora, quando torniamo a constatare che in Italia oggi squillano 40 milioni di telefonini, dobbiamo aggiungere un “purtroppo” grande così. Perché sono loro che impediscono di ascoltare, a loro va attribuito quel silenzio assordante che rischia di farci affogare nell’insignificanza.
Noli foras exire, sed redi in te; in interiore homine habitat veritas: l’ha detto Agostino, che “non bisogna uscire da se stessi, ma piuttosto ritornare a se stessi” ogni giorno, ogni volta che la società dei 40 milioni di telefonini ci spinge fuori, a misurarci solo con le materialità delle cose e non con la loro anima. Agostino, che questa vicenda l’aveva sofferta e pagata di persona.