Essere consulente ecclesiastico nel Csi è prendere parte a un impegno educativo con tanti altri che hanno intravisto nello sport una grande opportunità missionaria. È intraprendere con coraggio una “pesca” imprevedibile, che spinge ad andare al di là dei gruppi parrocchiali e dei confini di una pastorale di semplice ‘conservazione’ per tessere reti non scontate e non sempre semplici. Dai campi di calcio alle palestre, dalle trasferte alle riunioni del Consiglio, dalle serate di formazione ai dialoghi con dirigenti e atleti il “mare” nel quale un prete-consulente Csi è immerso è assai vasto e popolato. Anche il Csi è “un popolo numeroso” che vuole tradurre le parole del Vangelo in gesti concreti per tante persone (atleti, dirigenti, famiglie…) che non frequentano più i luoghi del Sacro, siano essi la chiesa o l’oratorio. La sfida è che anche a loro deve essere data l’opportunità di conoscere la gioia del Vangelo, che non esclude nessuno, perché è per tutti. Non si tratta di fare qualche predica ma di ricordare che ci sono cose che si comprendono e apprezzano solo con la vicinanza, l’amore e la testimonianza. Una vicinanza che deve aiutare chi opera nel Csi a non perdere le radici e le motivazioni del suo fare sport: non cercare il campione, ma far crescere l’uomo. A questo è chiamato il consulente, in questo si manifesta il suo prezioso servizio all’interno di un comitato. Ricordare, orientare, richiamare, mostrare, custodire tutto ciò che è necessario vivere per non tradire questo compito, soprattutto quando la tentazione di copiare modelli deviati di sport si insinua anche in chi ha fatto dell’educazione attraverso lo sport la ragione del suo impegno. Nella crescita di un ragazzo l’attività sportiva non può essere l’unica palestra di formazione, anche perché non è l’unica che occupa la sua giornata. È solo una scheggia delle tante relazioni che un giovane vive quotidianamente insieme alla scuola, la famiglia, l’oratorio, il catechismo, la Chiesa… e anche queste sono importanti per la sua crescita. Ciascuno, però, crede di avere l’esclusiva. L’impegno del consulente è quello di tendere una rete affinché ciascuna dimensione, con la propria specificità, entri in contatto con l’altra, e nessuno abbia la pretesa di essere il più bravo, ma piuttosto faccia la sua parte per il bene del ragazzo. Il consulente è un uomo di squadra: sa che il suo servizio è quello di valorizzare il carisma di ogni figura educativa perché non operi in solitudine ma con gli altri, e che insieme si condivide lo stesso obiettivo. Favorisce momenti di condivisione, perché dall’incontro nascono fiducia e stima.
Saper mediare
In una stagione sportiva sono tanti gli imprevisti, le riunioni, le scelte che un Comitato deve compiere. Non sempre sono serene; qualche volta, generano conflitti. A un consulente non è chiesto di schierarsi ma di favorire il dialogo, di dirigere il confronto, aiutare nel discernimento perché prevalgano sempre la pace e l’orientamento giusto. Il consulente non è eletto, scelto da una delle parti, ma nominato dalla Chiesa perché anche l’associazione Csi dia buona testimonianza, e vedendo le “buone opere, possano rendere gloria a Dio”.