Il Vangelo di questa domenica segue a ruota quello di domenica scorsa, che riportava gli insegnamenti di Gesù nella sinagoga e la liberazione di un indemoniato. Gesù è ancora a Cafarnao e continua a compiere prodigi: ora è a casa di Simone con Andrea, Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone è malata, Gesù la guarisce: si tratta di una guarigione che avviene in una famiglia ed è rivolta a una donna che si mette a servire Gesù. Famiglia, donna, servizio: tre parole chiave che offrono una prospettiva interessante.
Prima parola chiave, famiglia. Gesù, uscito dal tempio, visita una famiglia: non sappiamo se Simone abbia chiesto espressamente a Gesù di incontrare sua suocera né di quale malattia si trattasse, ma di certo il discepolo era affezionato a quella donna. L’esperienza della malattia di una persona in famiglia coinvolge e affatica tutti: Gesù guarisce la suocera, ma ovviamente quel gesto deve aver portato sollievo all’intera famiglia. È prezioso, dentro una famiglia, il momento in cui passa Gesù e porta questo sollievo; un’esperienza che è difficile comprendere se non la si è vissuta almeno una volta.
Seconda parola chiave, donna. La suocera di Simone si alza; Gesù accoglie questa donna anziana, simbolo della parte marginale della società. Deve esserci stato un attimo in cui Gesù le ha fatto capire che avrebbe potuto servirlo, che il suo servizio gli sarebbe stato gradito. Possiamo intuire la gioia di questa donna guarita che può in qualche modo contraccambiare: quale dispiacere avrebbe avuto se, desiderosa di dire il suo grazie e offrire un po’ della sua vita al suo medico, non fosse stata accolta! Forse, per le circostanze in cui erano spesso costrette a vivere le donne, avrebbe addirittura accettato un silenzio; perciò dev’essere stata davvero grande la gioia di essere ammessa a servirlo, una immensa grazia che prefigura quella delle donne che seguiranno Gesù fino alla croce. L’Uomo di Nazareth è un grande innovatore, contrastando nettamente l’uso di escludere il genere femminile dalla vita pubblica e ammettendo le donne accanto a lui.
Così la terza parola chiave, servizio, si riempie di un significato inaspettato: servire è gioire e partecipare, è essere salvati ed essere coinvolti, è essere accuditi e seguire. Il permesso concesso da Gesù è vincolo di libertà, la libertà di esprimere la gratitudine per quanto si è ricevuto.
Nel frattempo è terminata la giornata di sabato, e dunque anche il divieto di portare i malati con le barelle. Così “tutti” i sofferenti e gli indemoniati giungono da Gesù. “Tutti”, a indicare una totalità, una città intera che attende di ricevere miracoli. Le aspettative su Gesù sono immense, si vuole guarigione e liberazione. Che vengono concesse, e in abbondanza. Soltanto con i demoni Gesù è molto severo: come già avvenuto nel Tempio, impedisce loro di parlare perché non svelino la verità su di lui. Non è il momento giusto, la gente non è ancora preparata e si spaventerebbe, non comprendendo.
Passata la notte, al mattino presto Gesù si alza e si ritira in preghiera. L’entusiasmo delle folle per i miracoli non era garanzia di conversione, come infatti spesso accadrà con i malati da lui guariti. Gli è necessario stare da solo, comunicare con il Padre, comprendere pian piano la realtà della sua missione, esserne confortato e ricevere la forza necessaria. L’origine di ogni gesto di Gesù è in questo stretto rapporto con il Padre. Lento sarà il disvelarsi della natura di Gesù a quanti lo conoscevano, lenta la conversione di quanti lo incontrano. È il cammino di conversione, che talvolta procede più facilmente, e talvolta inciampando. Gesù non ha fretta, attende fiducioso di comprendere il Padre pregando: con questo atteggiamento indica a noi una modalità per vivere la fede, tra fiducia e perseveranza.
Lo vengono a chiamare i discepoli, probabilmente un po’ trafelati perché non lo trovavano; ancora non comprendono bene il loro posto accanto a quest’uomo. Probabilmente sono felici della confusione creatasi attorno a lui, loro stessi stanno diventando i più famosi del paese. Così gli riferiscono che tutti in città lo cercano: rendendosi mediatori tra il popolo e Gesù, probabilmente ne erano fieri e si sentivano importanti. Tuttavia Gesù non indugia: occorre andare, la buona novella è per tutti e non è esclusiva, tutti devono conoscere questa novità, tanti devono poterne fare esperienza diretta. Gesù ordina di proseguire nei villaggi vicini, e se ne vanno. Lui non cerca la fama ma i cuori, e le folle con cui entra in contatto sono soltanto occasioni per incontrare singole persone.
Quante volte invece noi preferiamo il consenso, i grandi numeri! E non pensiamo a portare la “medicina di Gesù” – che è misericordia e tenerezza – alle singole situazioni faticose delle persone, soprattutto quelle che non hanno mai assaporato il buon gusto di questa medicina. Miracoli pubblici e preghiera personale caratterizzano i primi atti del ministero di Gesù, medico ed eremita. Guarire e pregare, perché le nostre ferite vangano guarite, e possiamo conoscere il Padre nella preghiera.