Ne sono stato profondamente colpito. E non capisco come abbiano fatto a non rimanerne colpite certe persone che normalmente dimostrano di essere vere e profonde: non le cito per amore di patria.
Parlo del pianto della ministra Fornero, di fronte alle telecamere, quando ha dovuto parlare della batosta che, nel contesto della manovra salva-Italia, s’è abbattuta sui pensionati. Improvviso. Del tutto imprevedibile. Ma ci voleva poco a capire cosa c’era dietro quel pianto.
Dietro c’era il dolore di una vera donna di classe per essersi dovuta piegare al pesante volere dei ricchi, che rappresenta il più grande condizionamento per il Governo Monti (il grande Governo Monti): le rendite sontuose non si toccano. Monti salverà l’Italia dal baratro solo a patto di sfiorare appena il portafogli di chi il portafoglio ce l’ha gonfio da sempre. Tonino (ex apicale dell’Asl, moglie insegnante, tre figli laureati che lavorano a tempo pieno) l’aveva detto prima che venissero resi noti i tratti della manovra: “A noi ricchi… ci sfioreranno appena”. Commossa, la Fornero. Ricordo solo due episodi analoghi, da parte di politici d’antan.
Il primo. Ricordo la voce di De Gasperi sottilmente venata da un tremito quando, subito dopo la II guerra mondiale, si presentò all’Assembla dell’Onu. Tirava un’aria pesantissima contro di lui, in quanto italiano; un’aria alimentata dal risentimento che tutti i membri della grande assise nutrivano nei confronti di chi aveva pur sempre ereditato le responsabilità di Benito, ridottosi a mediocre manutengolo del sanguinario Adolfo. Disse, il grande Alcide: “So bene che in questo momento tutto è contro di me, tranne la vostra personale benevolenza”. E la voce gli tremò.
Il secondo. È il ricordo di Girolamo Li Causi, comunista siciliano. Nei primi anni Cinquanta, come vicepresidente della prima Commissione antimafia della nostra storia, toccò a lui esporre davanti al Parlamento le conclusioni alle quali erano giunti i commissari. Siciliano fin nel midollo delle ossa, Li Causi confessò che in quel momento si portava dentro, ancora intatti, il dolore e la rabbia per la strage del Primo Maggio a Portella della Ginestra, che impunemente il bandito Salvatore Giuliano aveva realizzato su commissione di quella mafia della quale ministri, prefetti e cardinali negavano addirittura l’esistenza.
Parlò a lungo, alzando o abbassando il tono, ma sempre appassionato. Concluse con la voce roca del grande fumatore e del grandissimo cultore del bene comune: “Questa, signori, è la mia Sicilia: bella e disperata”, e chinò la testa sui fogli gualciti dal suo nervosismo. Sul ciglio… una lacrima.
In un Parlamento che ci ha abituato allo sghignazzo, all’insulto, al dito medio levato in aria per testimoniare la grandezza d’animo del suo proprietario; in un Parlamento che ha fatto piangere molti, un ministro che pianga è un segno davvero alternativo. Grazie, ministra Fornero.