Pur essendo impegnati, come tutti sanno, in moltissime attività sia quelle proprie della loro missione, sia quelle di carattere culturale e sociale, all’incontro dell’otto giugno scorso, al Santuario dell’Amore misericordioso di Collevalenza, c’erano più di duecentocinquanta sacerdoti umbri. Uno dei motivi che li ha spinti a partecipare è stato certamente l’annunciato intervento del vescovo di Locri, Carlo Maria Bregantini. Salito da tempo alla ribalta della cronaca per aver guidato la popolazione a lui affidata, soprattutto i giovani, attraverso la preghiera, la denuncia, l’educazione e le manifestazioni di lotta non violenta contro la criminalità organizzata, mafia e camorra. Molti lettori ricorderanno le immagini trasmesse in tv della manifestazione dei giovani di Locri, in occasione dell’uccisione del consigliere regionale della Calabria, Francesco Fortugno, mentre sfilavano per le strade portando uno striscione in cui era scritto ‘E ora ammazzateci tutti’. I preti giunti a Collevalenza si aspettavano di incontrare un uomo robusto e dalle maniere forti, magari con una voce tonante, proprio come un lottatore che affronta la piovra. Non è così. Bregantini è un uomo sì forte e coraggioso, ma mite, dai modi gentili, la voce dolce, toni rispettosi. Egli sa la differenza, e l’ha raccontato, tra un normale ‘pecoraro’ che guarda le pecore per mestiere e un pastore che le ama e ne è ricambiato. La sua lunga intensa meditazione ha sviluppato il tema della ‘gratuità’. Non semplice senso di gratitudine e dovere di ringraziamento, pur necessari, ma la gratuità come filosofia di vita, come teologia della grazia: ‘gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date’. Questa è la vera rivoluzione cristiana che ha la forza di vincere la smania dell’avere e il desiderio smodato di possedere ricchezze e benefici spinti da sete insaziabile. Bregantini ha invitato ad avere il coraggio di trarre le debite conseguenze dalla propria professione di fede in un Dio non vendicativo, che ‘fa splendere il suo sole e fa piovere sui buoni e sui cattivi, sui giusti e sugli ingiusti’. Questa è la forza e il coraggio della comunità dei credenti, per cambiare il mondo e porre fine alle violenze. Ai preti, il vescovo di Locri, non ha suggerito di fare grandi gesti, ma di saper scegliere ogni giorno se essere come don Abbondio o come fra Cristoforo di manzoniana memoria. Non senza allusioni al presente, ha ricordato anche lo sguardo di compassione di fra Cristoforo verso don Rodrigo, il ricco e potente signorotto arrogante e presuntuoso, capace di rapire persino una ragazza per i suoi capricci, finito miseramente in un lazzaretto. Ha ammonito di non cedere alla tentazione manichea di dividere il mondo in buoni e cattivi, con giudizi definitivi e aprioristici, sapendo che anche dal male si può trarre il bene e che male e bene sono strettamente intrecciati. Una grande lezione di spiritualità cristiana e pastorale ed anche di profonda umanità, è venuta da un vescovo che si trova a operare su una frontiera scomoda, rappresentando un esemplare modello di quei pastori di cui oggi è ricca la Chiesa. Questa spiritualità il Vescovo di Locri l’ha maturata da lungo tempo, a contatto con la gente e nella meditazione solitaria. Ha ricordato il tempo della sua giovinezza quando in un eremo dei Piccoli fratelli di Gesù di Spello si preparò alla scelta della sua definitiva vocazione, aiutato da fratel Carlo Carretto. Qualcosa dell’Umbria, quindi, è presente anche a Locri e si fa sentire nella voce di un pastore che corre ogni giorno dei rischi, per quello che dice e che fa, nell’esercizio quotidiano del suo ministero.
Un pastore mite e coraggioso
AUTORE:
Elio Bromuri