Novantacinque pagine in cui si sintetizzano i buoni propositi della Regione da ora fino al 2020 per aiutare i giovani, le famiglie, gli anziani, i disabili e le persone non autosufficienti, per contrastare la povertà, favorire l’inclusione sociale, l’integrazione dei migranti e le politiche di promozione e sostegno al terzo settore, con particolare riferimento all’impresa sociale. È la proposta del nuovo Piano sociale regionale che la Giunta intende sottoporre al Consiglio dopo un percorso di concertazione e partecipazione, cominciato venerdì scorso alla Scuola umbra di amministrazione pubblica di Pila.
“Con questo Piano – ha detto l’assessore regionale al Welfare, Luca Barberini – vogliamo costruire insieme un modello umbro che, tenendo conto dell’attuale contesto di crisi e dei mutamenti sociali, così come dell’esperienza positiva fin qui maturata in Umbria, si basi sui principi dell’equità, della centralità della persona e dei territori, la responsabilizzazione dei cittadini e un rinnovato protagonismo delle istituzioni, a cominciare dai Comuni. Possiamo farlo – ha sottolineato – con il contributo di tutti”.
Ad ascoltarlo c’erano più di 200 fra sindaci e assessori comunali, rappresentanti di onlus, organismi della cooperazione, associazioni, enti di promozione sociale, fondazioni, organizzazioni del volontariato, Usl, sindacati, enti di patronato, organizzazioni di categoria e soggetti pubblici e privati interessati.
“Un’ampia partecipazione – ha rilevato l’assessore – che conferma la volontà comune di contribuire alla costruzione e all’attuazione di un Piano corrispondente ai bisogni della comunità regionale. Dopo questa giornata di studio, nel mese di novembre, valorizzando la coprogettazione in attuazione del principio di sussidiarietà, gli Uffici regionali continueranno a raccogliere proposte di modifiche e integrazioni, osservazioni con cui arricchiremo il testo attuale. Vogliamo procedere speditamente, recepire ogni contributo utile a miglioralo e, se il Piano sociale sarà il primo ‘mattone’, proseguiremo nei primi mesi del 2016 con il Piano sanitario regionale e con il Prina, il Piano integrato per la non autosufficienza”.
Per l’attuazione del Piano la Giunta conta di mettere insieme 55 milioni di euro, sfruttando – ha detto l’assessore – accanto alle risorse da reprerire a livello locale e nazionale, “la grande opportunità dei Fondi comunitari. Si tratta di una bella somma, di gran lunga superiore a quanto la Regione era riuscita a investire in passato per gli interventi nel sociale”.
Barberini ha insistito sulla importanza di un maggior coinvolgimento rispetto al passato del ruolo dei Comuni, delle 12 Zone sociali e dei cittadini, che devono diventare i protagonisti delle azioni previste nel Piano anche con “laboratori di comunità, per una conoscenza e una capacità di intervento il più corrispondente possibile alla realtà e alle esigenze dei territori”.
A questo proposito ha sottolineato l’importanza per la coesione sociale del terzo settore, che non è solo numerica (con oltre 20 mila addetti). “L’Umbria – ha proseguito – ha saputo costruire negli ultimi dieci anni una forte rete di assistenza socio-sanitaria. La sfida dei prossimi anni è quella di costruire una rete orientata sui servizi sociali, come l’assistenza domiciliare per aiutare le persone più in difficoltà, delle quali troppo spesso sono soltanto le loro famiglie a doversene occupare”.
Il nuovo Piano sociale sarà integrato e armonizzato con il Piano sanitario regionale, ha spiegato il direttore alla Salute e coesione sociale della Regione, Emilio Duca. Sarà anche costantemente monitorato con il consolidamento del servizio sperimentale del Siso, il Sistema informativo sociale, per valutarne l’efficacia e per apportare le eventuali correzioni.
I lavori erano stati aperti dall’amministratore unico della Scuola umbra di amministrazione pubblica, Alberto Naticchioni. Andrea Bernardoni, portavoce Forum terzo settore Umbria, ha detto di condividere l’impianto del Piano, ma ha auspicato che siano meglio regolati i rapporti tra attori pubblici, privati e organizzazioni no profit.
Il sindaco di Panicale Giulio Cherubini, in rappresentanza dell’Anci, ha osservato che il ruolo dei Comuni è centrale perché essi rappresentano il primo ente con cui si confrontano i cittadini. “È necessaria però – ha detto – una maggiore attenzione dal punto di vista economico affinché non accada, com’è successo negli ultimi anni, che il taglio dei fondi si traduca in una riduzione dei servizi”.
A questo proposito Carlo Di Somma, presidente regionale Federsolidarietà – Confcooperative, ha detto che “le uniche certezze finanziarie sono quelle dei Fondi europei, e questo ci preoccupa”.
Il Piano: obiettivi, priorità e politiche da attuare
Il Piano sociale regionale – si legge nel documento – è lo strumento di governo del sistema dei servizi e delle attività sociali mediante il quale la Regione definisce gli indirizzi, gli obiettivi, le priorità sociali, la soglia territoriale ottimale per la programmazione e la gestione degli interventi sociali ed i criteri per la relativa attuazione. Deve tenere conto di una serie di fattori che caratterizzano la società umbra (e quindi le necessarie politiche sociali) quali la crisi economica, l’aumento del numero dei residenti (si calcola che saranno un milione entro 20 anni), l’invecchiamento della popolazione (un quarto degli umbri ha più di 65 anni), la riduzione del numero dei componenti della famiglia, l’aumento di separazioni e divorzi, i problemi della integrazione degli immigrati. E questo in una regione di 92 Comuni, il 63 per cento dei quali ha meno di 5.000 abitanti e uno su dieci meno di 1.000. Con un modello economico che avvicina l’Umbria sempre di più al Mezzogiorno.
FAMIGLIA, GIOVANI, IMMIGRATI
Famiglia e reti parentali rappresentano “un anello fondamentale della catena socio-economica nella nostra regione”.
Immigrati: l’obiettivo è l’integrazione, intervenendo preventivamente, soprattutto nei luoghi in cui, essendo l’incidenza degli immigrati particolarmente elevata, “il rischio di fenomeni di ‘rigetto’ è più concreto”.
Giovani: l’elevato tasso di scolarizzazione “non costituisce più un antidoto alla disoccupazione”, con il rischio “che siano proprio i laureati a ingrossare la quota degli inattivi, restando ai margini del mondo del lavoro e pervasi da un forte senso di scoraggiamento”.
UMBRIA, MODELLO DI SUSSIDIARIETÀ
55 milioni e mezzo di euro sono le risorse previste per l’inclusione sociale nel periodo 2014-2020.
Obiettivi e finalità (principio di equità, centralità della persona, responsabilizzazione dei cittadini) del Piano e politiche da attuare: una serie di proposte per l’integrazione socio-sanitaria, l’incremento dell’offerta abitativa e della disponibilità di alloggi sociali, per i “nuovi giovani” che si trovano a vivere in “un contesto economico e sociale più povero delle generazioni precedenti”.
Per quanto riguarda il “contrasto alla povertà e per l’inclusione sociale” la Regione – si afferma – “condivide che la pura dimensione di assistenza economica, da sola, non basta a contrastare gli stati di povertà e le dinamiche di esclusione sociale; all’integrazione dei redditi (misura passiva) vanno affiancate misure attive volte all’inclusione delle persone”.
Nelle 95 pagine specifici capitoli contengono proposte per le politiche di integrazione degli immigrati, per le famiglie con responsabilità educative e di cura, per le persone anziane e disabili, per la promozione e il sostegno al terzo settore, con particolare riferimento all’impresa sociale. A questo proposito si afferma che “il modello di sussidiarietà che si è sviluppato in questi anni in Umbria e che si intende rafforzare in questo nuovo Piano sociale vede un solido governo pubblico che mette a valore in modo coordinato e partecipato le risorse della comunità”.
Enzo Ferrini