Peccato che la giornata giubilare dello sport non sia stata osservata da tutti gli sportivi. E’ stata sospesa solo la serie A del calcio mentre tutto il resto delle gare sportive è continuato come se nulla fosse e si sono ripetuti i soliti stupidi e odiosi incidenti tra tifosi. E tuttavia l’avvenimento vissuto allo stadio Olimpico, seguito da milioni di persone alla televisione, ha segnato un punto alto nell’immaginario collettivo con quel felice avvicinamento di una celebrazione religiosa che ha esaltato la vocazione spirituale cristiana di ogni essere umano con la celebrazione delle virtù naturali del corpo e dello spirito che esaltano i doni di Dio per la gioia di tutti e si esprimono nel gioco forte e gentile , come dovrebbe sempre essere ogni esercizio sportivo. Il Papa ha detto parole di incoraggiamento e di ammonimento perché lo sport rimanga entro i limiti della lealtà senza lasciarsi inquinare da interessi e economici e da eccessivo agonismo che inducono a comportamenti aggressivi. Gli sportivi hanno promesso solennemente di essere una scuola di democrazia soprattutto per bambini ragazzi e giovani, di contrastare ogni forma di discriminazione, intolleranza e violenza, contribuendo ad abbattere i pregiudizi e sconfiggere ogni forma di nazionalismo, di rifiutare ogni forma di esasperazione e di sfruttamento e qualsiasi pratica che possa subordinare la persona umana agli interessi economici e alla ricerca dei risultati e di rispettare l’ambiente. Nobili e generose promesse, contenute nel “Manifesto dello Sport”, nel quale si evidenzia la decisiva importanza che ha questa attività nelle masse e nei giovani. L’atleta diventa un modello di vita, l’allenatore un consigliere e una guida, gli esercizi fisici un allenamento della volontà e del carattere, lo spettacolo un felice modo di socializzare gli individui e farli uscire dal loro isolamento, la competizione di mettere a frutto tutti i talenti ricevuti dal Creatore per l’utilità e la gioia della gente. Una prospettiva che è stata assunta da sempre dai cattolici che si sono impegnati nell’ambito dei vari sport con scopi puramente educativi. Chi, inpassato, non ha giocato da giovane nel campetto della parrocchia o al bigliardino dell’oratorio? Oggi le cose sono cambiate, ma i processi educativi e di formazione di base rimangono gli stessi. E’ vero che non c’è uno sport cattolico e uno laico. Lo sport ha regole umane e tecniche che ogni buona coscineza retta e sincera è in grado di comprendere e di seguire. Ma la formazione cristiana degli educatori e degli operatori sportivi può dare una sensibilità e accendere la coscienza di una tensione tutta particolare per la consapevolezza che il corpo è “opera della mani di Dio” e tempio della sua presenza. La formazione cristiana degli atleti rende più umani, corretti e sinceri i comportamenti in campo e fuori del campo ed evita cadute morali e di stile, nel rispetto del principale valore in gioco, quello della persona umana e della sua dignità. Oggi siamo di fronte alla situazione che deve essere fatta una profonda riflessione per salvare il fenomeno sportivo in quanto tale e sottrarlo al suo degrado avvertito ormai da tutti in modo disgustoso, anche solo riferendosi alla pratica del doping. Quando si afferma, come succede spesso di sentire, che se uno non prende determinate sostanze non vince nessuna gara e se vincere è il fine di ogni pratica sportiva, si va verso la morte stessa dello sport. Uno slogan del prof. Ruggero Rossi preside della facoltà di i medicina e responsabile di medicina sportiva affermava provocatoriamente “Morire per vincere?” . Se a questo si è giunti salutiamo con soddisfazione il richiamo del Papa e il suo interessamento diretto. Il Grande Giubileo 2000 , anno di grazia e di conversione, faccia anche il miracolo di convertire lo sport.
Un miracolo nello sport!
AUTORE:
Elio Bromuri