Un’impressione immediata di molti, vedendo in televisione il Papa scendere dall’autobus con la valigetta in mano e dirigersi con gli altri prelati della Curia romana verso il luogo degli esercizi spirituali, è che stiano “perdendo tempo”. Mentre il mondo è in fiamme per le stragi, le violenze, la paura e la disperazione, questi fortunati ecclesiastici si prendono una settimana tutta per loro, tranquilli e silenziosi in aristocratico “ozio”, serviti e riveriti. Leggiamo però che il predicatore, padre Bruno Secondin, nella predica pomeridiana di lunedì ha usato parole forti, incastonate in pagine bibliche, apostrofando i presenti con un “giù la maschera!”. Il buon religioso carmelitano, studioso di spiritualità, si sarà sentito in dovere di non essere da meno del forte richiamo che Papa Francesco aveva fatto alla Curia romana il 22 dicembre scorso in occasione degli auguri natalizi, proponendo un elenco di “quindici malattie” dello spirito, che ha destato anche qualche malumore.
E allora si deve trovare una ragione di tutto. Che è da ravvisare – oltre al richiamo rivolto ai singoli – in una proposta a largo respiro, una strategia di conversione spirituale e morale collettiva, volta a riscoprire la verità più profonda di se stessi: togliere ogni ambiguità ed equivoco dalla propria vita, riprendere in mano la situazione della propria esistenza, e prendere atto della validità o meno dei propri comportamenti. Tolta la maschera, si potrà affrontare il prossimo “con sincerità e verità”, e sentirsi liberi e pronti ad ammonire, correggere, stringere relazioni costruttive, dare testimonianza e fare comunicazione nella società. Dopo aver fatto i conti con se stessi, si può innescare anche la lotta per un mondo migliore. Ciò vale anche per la Chiesa, che nei secoli è spesso scesa a compromessi con lo spirito mondano e con le logiche del tempo, di cui ha poi preso coscienza e rilasciato una sofferta confessione di colpa. Questo oggi deve essere anche un criterio non solo da suggerire, ma da pretendere a voce alta da chi di maschere ne ha una collezione, sempre pronto a tirare fuori quella utile per l’occasione in una società carnevalesca. Penso con tristezza all’ambito ecumenico e interreligioso, in cui ogni comunità tende ad apparire la migliore. Nel decreto conciliare sull’ecumenismo, ad esempio, si afferma che la divisione tra le Chiese è avvenuta non senza colpe da entrambe le parti. Ma le “seconde” parti questo non lo affermano, ritenendosi vittime innocenti. Invariabilmente si tende a considerare l’altro come quello che sbaglia, la causa di ogni storia negativa, anche in famiglia.
Verrebbe da dire “giù la maschera” a quei politici che parlano di bene comune solo per fare il loro bene privato; di amore per la Patria quando in loro prevale l’attaccamento alla poltrona. In questi giorni è stato siglato l’accordo tra Italia e Svizzera per eliminare il segreto bancario; per l’occasione si è parlato di persone che hanno evaso il fisco per milioni di euro: tutte persone perbene, rispettate e corteggiate, ben coperte dalla maschera dell’onorabilità… e si potrebbe continuare l’elenco. Questo discorso fatto in tempo di Quaresima – che dovrebbe avere archiviato il carnevale – è rivolto a tutti, e serve per ricordare che solo nella verità, sincerità e onestà intellettuale e morale si costruisce “la vita buona del Vangelo”, e una società degna di essere abitata e sostenuta in un cammino di progresso. Una settimana di esercizi spirituali per una “revisione” della propria vita può avere un significativo impatto sociale.