“L’abolizione del sistema di etichettatura facoltativa per le carni bovine andrà a danneggiare gli allevatori e gli stessi Consorzi che avevano chiesto di riportare in etichetta una serie di informazioni aggiuntive a quelle obbligatorie. Questo, allo scopo di aumentare gli standard di qualità dei prodotti agroalimentari. In questo modo, invece, si favoriranno i produttori meno trasparenti, a danno dei consumatori”. Lo afferma Gabriele Austeri di Coldiretti Perugia, commentando la decisione dell’Europarlamento che nella scorsa settimana ha bocciato – per otto voti – l’emendamento che prevedeva il mantenimento di quella misura precauzionale. Per ridurre i costi attuali, infatti, il nuovo Regolamento del Parlamento europeo ha modificato lo schema attuale di etichettatura facoltativa delle carni bovine. La nuova misura (che entrerà in vigore nel 2014) punta ad abolire l’attuale sistema introdotto una decina di anni fa in concomitanza con l’epidemia della cosiddetta “mucca pazza”. Attraverso il rogalmento CE n.1760/2000 del Parlamento europeo, nel luglio del 2000 era stata istituita una specifica etichettatura delle carni bovine, al fine di garantire la tracciabilità e la trasparenza delle informazioni per i consumatori. “Si tratta di informazioni aggiuntive – spiega il direttore dell’Istituto zooprofilattico Umbria Marche, Telemaco Cenci – relative ai requisiti qualitativi delle carni e dell’animale, apposte sull’etichetta da produttori e allevatori che dispongono di un disciplinare di produzione e di lavorazione delle carni bovine. Tale requisito, una volta approvato dal ministero delle Politiche agricole e forestali, dà la possibilità di accedere a specifici fondi europei.”
Ma quali rischi si corrono? “Il rischio- afferma Cenci – è che, con il taglio degli aiuti comunitari, tutti i costi sarebbero a carico del singolo allevatore o produttore; e dunque potrebbero scomparire tutte quelle informazioni relative alla razza, l’età, il mangime utilizzato e tutte le fasi della filiera dall’allevamento al macello, fino al punto vendita. Tutte quelle, insomma, che fanno la differenza tra un prodotto standard e uno di qualità”. Un danno ingente per il tutto il settore zootecnico regionale. “La maggioranza della carne commercializzata in Umbria – aggiunge Cenci – ha un elevato livello di tracciabilità: per oltre il 56,2% dei bovini iscritti all’anagrafe zootecnica viene utilizzato il sistema di etichettatura facoltativa. Inoltre, è stato approvato un Sistema di qualità regionale (QV: qualità verificata) con il riconoscimento ufficiale dei prodotti ‘Vitellone ai cereali’ e ‘Vitello al latte’, entrambi commercializzati tramite l’uso dell’etichettatura facoltativa”. “Questo – conclude Austeri – è un duro colpo per il made in Italy alimentare di qualità. Ma non è ancora detta l’ultima parola, perché la questione passa ora nelle mani del Consiglio dei ministri europei. Spero si possa fare ancora qualcosa, sia nell’interesse dei consumatori sia per gli allevatori che lavorano sulla qualità e che in questi anni hanno investito molto”.