Un refuso tipografico ha reso incomprensibile e insipido il finalino dell’ultima abat jour, su ‘La Voce’ del 3 novembre. L’amabile lettore ha letto: Ne è passato di tempo da quando il mio don Lorenzo, dopo avere frettolosamente assolto un penitente, alzandosi lui dalla sedia mentre il suo pollo si alzava dall’inginocchiatoio, gli pestò un piede’ appena un istante di esitazione, poi, vis à vis, gli afferrò con la sinistra il braccio destro e con la destra gli re-impartì l’assoluzione. Più tardi si giustificò: ‘Il dolore c’era, ché il piede glielo avevo pestato io!’ Ne è passato del tempo. Ma non abbastanza. Manca qualcosa. Manca, dopo ‘gli pestò un piede’, la notizia che, almeno nelle intenzioni del suo autore, insaporisce l’aneddoto: ‘E quello cacciò un moccolo’. Excuse me. Forse non è un refuso tipografico, forse sono le mie cellulline che, contrariamente a quella dell’immortale Poirot, fanno fatica a mettersi in fila, come i bambini della Montessori. Lo siento.Il mio don Lorenzo. Quando morì, alla metà degli anni ’80, e il vescovo Antonelli, immediatamente prima della liturgia di commiato, mi chiese a bruciapelo di ‘dire due parole’ su di lui, ci provai ma non ci riuscii. Un groppo alla gola me lo impedì. Eppure la sua vita di fedelissimo servitore del Vangelo era stata costellata da aneddoti frizzanti. Un giorno, dopo aver preparato splendidamente l’altare maggiore delle Quarant’ore, in un tripudio di candele variamente luminose e di fiori policromi, recitò tante di quelle preghiere, intonò tanti di quei canti’ da dimenticare il Santissimo esposto al centro di quella gloria: la benedizione eucaristica ce l’impartì con la pisside. In sacrestia: ‘Don Lorè, e quello lassù ve lo sete scordato?’. Si affacciò sulla porta della chiesa. Una boccaccia. ‘Esci pacenza, ché ‘l sistemamo subito!’ I canti. Don Lorenzo era vagamente stonato, un po’ come Renzo Arbore, ma ci insegnò, a noi bambini e alle nostre mamme, una moltitudine di canti incredibile. Anche in latino. Te Joseph celebrent agmina coelitum, te cuncti resonent Christiadum chori; l’inno del breviario a san Giuseppe; me lo porto dentro, con tutte le sue sdrucciole, da poco meno di 60 (!?) anni. Quando, nel 1953, venne in visita al Regionale di Assisi, dove i seminaristi di Scheggia eravamo 5 (cinque!), si fermò a bocca aperta davanti al bellissimo presepio che avevamo allestito; gli piacquero particolarmente i due angeli in trasparenza, collocati a destra e a sinistra della scena madre, che apparivano solo se si inseriva nell’apposita fessura una monetina. Don Lorenzo inserì tutte la monetine che aveva. Poi, con il borsellino desolatamente vuoto in mano, si rivolse al Bambinello, con la solita boccaccia, e gli fornì il consiglio disinteressato che riteneva più utile per il percorso che stava iniziando: ‘Del resto, fijo mio, tutto ‘l mondo è ‘na fregatura’.
Un consiglio disinteressato
AUTORE:
Angelo M. Fanucci