La bufera per i maxi-rimborsi ai consiglieri del Lazio ha riaperto la discussione sui compiti e l’esistenza stessa delle Regioni dopo le tante inchieste della magistratura che hanno coinvolto esponenti di questi enti ed amministrazioni di tutti gli schieramenti politici, dalla Lombardia alla Puglia, dall’Emilia Romagna alla Campania, senza dimenticare la “sanitopoli” umbra.
Il Sole 24 Ore, ha calcolato che gli oltre 1.000 consiglieri regionali costano agli italiani 743.000 euro ciascuno. Il tutto avviene mentre si è avviato anche il faticoso cammino per la riforma delle Province. Si sta insomma rimettendo in discussione tutta la geografia e l’assetto degli enti locali.
In ogni democrazia in salute, il Governo e la rappresentanza dei territori, prima di tutto, devono assicurare servizi efficienti ai cittadini. È questa la grande scommessa che si deve giocare anche in Umbria, senza preoccuparsi troppo di conservare poltrone e poltroncine. Una grande opportunità dunque anche per la politica, se vuole riconquistare la fiducia dei cittadini.
A riaprire il dibattito sul ruolo delle Regioni sono state le ultime notizie dal Lazio sul fiume di soldi dei cittadini finiti senza controlli e regole nelle tasche dei consiglieri regionali di tutti i partiti, e che qualcuno di loro utilizzava per pagarsi vacanze, cene e feste anziché per le iniziative politiche cui sarebbero stati destinati.
In Umbria però non è così, si sono affrettati a chiarire il presidente del Consiglio regionale Eros Brega e la presidente della Giunta Catiuscia Marini. Gli stipendi dei consiglieri sono tra i più bassi d’Italia, circa 6.600 euro netti, e quello della presidente (circa 7.500) è la metà di alcuni suoi colleghi governatori. Per l’esattezza, l’indennità netta annuale di un consigliere regionale umbro ammonta a 70.464 euro; lorda, a 145.951 euro. Le cifre sono state fornite mercoledì in conferenza stampa. Risulta anche il contributo fisso spettante ai partiti è di: 144 mila euro annui per il Pd, 86.400 per il Pdl, 30.400 per Idv, Socialisti e Gruppo misto, 28.800 per Prc, Udc, Lega e altre formazioni (“Per l’Umbria”, “Marini per l’Umbria”).
“Guadagno meno di tanti dirigenti regionali e delle Asl” aveva già sottolineato in precedenza la Marini. E ha invitato il Governo a varare una norma di legge che stabilisca a livello nazionale un tetto massimo per le indennità nei Consigli regionali. “Non solo si risparmierebbero soldi – ha detto – ma si eviterebbe quella sorta di giungla retributiva per cui ci sono Regioni che pagano tre volte i propri consiglieri rispetto a quanto accade in Umbria”.
“Il Consiglio regionale dell’Umbria – ha detto Brega – si è da tempo dotato di norme e regole per il corretto utilizzo dei fondi destinati sia al suo funzionamento, sia a quello dei gruppi consiliari. Norme e regole rigorose, che impediscono a monte un utilizzo dei fondi pubblici che non sia direttamente e strettamente collegato alle attività istituzionali e politiche, sia dell’Assemblea sia dei gruppi politici”.
Con controlli affidati alla Corte dei conti, ha spiegato la Marini. Organismo che qualche dubbio lo ha avuto, ed ha infatti chiesto alla Guardia di finanza di controllare i conti di uno dei gruppi consiliari di palazzo Cesaroni. Una vicenda questa ancora aperta.
Brega sottolinea anche che le spese di funzionamento del Consiglio regionale umbro tra il 2010 ed il 2012 “sono state ridotte di oltre l’8 per cento, passando da una spesa complessiva di 23 milioni di euro all’anno agli attuali 21.252.581,48 euro. I dieci gruppi consiliari, di cui ben cinque costituiti da un solo consigliere, ricevono complessivamente un contributo fisso annuale di circa 500 mila euro per attività politico-istituzionali, consulenze, pubblicazioni, fotocopie, stamperia, telefonia, poste e comunicazione. Questa somma – sottolinea Brega – può essere utilizzata esclusivamente per attività strettamente connesse alle funzioni politiche ed istituzionali dei vari gruppi (sotto la responsabilità diretta del presidente del gruppo) le cui spese devono essere rendicontate con adeguata documentazione”. La spesa per il funzionamento dei gruppi “incide per meno dell’uno per cento sul bilancio complessivo della Regione Umbria (che è di oltre due miliardi 300 milioni di euro)”.
Per evitare quanto successo nel Lazio e ricercare la massima trasparenza entro l’anno, così come prevede un recente provvedimento della Camera, i Consigli regionali dovranno dotarsi di un Collegio di revisori dei conti esterno per controllare il bilancio e tutte le spese, comprese quelle dei 10 gruppi consiliari. Questa proposta – ha detto Brega – arriverà nell’aula di palazzo Cesaroni ad ottobre, mentre già entro questo mese la Conferenza dei capigruppo deciderà nuove regole e procedure per la spesa dei gruppi.
Contro l’uso improprio di denaro pubblico, i Consigli regionali dovranno dotarsi di un Collegio di revisori dei conti esterno. Già entro questo mese – ha detto Eros Brega – la Conferenza dei capigruppo deciderà nuove regole e procedure per la Regione Umbria. Tutte proposte ed iniziative lodevoli, ma che non sono ancora sufficienti. Per esempio, è possibile ridurre il numero dei 10 gruppi consiliari e delle 8 Commissioni consiliari, con presidente e vice presidente, in un’assemblea di 30 persone? Nel sito internet della Regione Umbria sono elencate 15 tra agenzie, società regionali e consorzi. La semplificazione amministrativa è rimasta ancora una parola vuota. Poi sono ancora in gran parte in alto mare le riforme dei cosiddetti “enti endoregionali”. Le Comunità montane sono state formalmente soppresse ma nelle settimane scorse sono stati stanziati dalla Regione altri milioni di euro per il loro funzionamento. La riduzione delle Asl e delle Aziende ospedaliere è ancora solo un progetto, con ancora tante questioni da definire. Poi c’è tutta la giungla di enti intermedi, spesso persino sconosciuti ai cittadini ma con presidenti, Consigli di amministrazione e dirigenti vari. E per ultimo il discorso delle Province. Saranno ancora due? Partiti ed enti locali si sono mobilitati contro la Provincia unica, che in effetti finirebbe per essere un doppione della Regione. Ai cittadini, indipendentemente dal loro numero, basta un’Umbria con meno burocrazia, meno sprechi e servizi sempre più efficienti.