“Umano, disumano, post-umano: quale umanesimo per il nostro tempo?” Del tema si è parlato lo scorso 27 marzo ad Assisi a conclusione del percorso di formazione voluto dalla Cresu, la Commissione regionale per l’educazione, la scuola e l’università della Conferenza episcopale umbra. Relatore d’eccezione il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino. Il tema, che prende spunto dalla traccia del prossimo Convegno ecclesiale nazionale di Firenze “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo” ha come sfondo lo sfaldamento di una comune percezione di chi sia l’Uomo. Da questa domanda è necessario ripartire. Infatti la scienza e la tecnologia hanno reso possibili nuovi scenari, per cui la macchina, che era diventata prosecuzione dell’umano, finisce quasi per soppiantare l’uomo e, conseguentemente, ne modifica l’identità. Il “post-umano” è proprio questo stadio evolutivo che supera quello tecnologico, ma che rischia, paradossalmente, la scomparsa dell’uomo. “Il compito di noi cristiani – ha affermato mons. Galantino – non è quello di lanciare generalizzati appelli, né quello di innalzare barricate. Dobbiamo continuare a riflettere sull’uomo, sul rapporto tra la persona umana e il suo corpo. Dobbiamo partecipare alla riflessione: non possiamo rischiare di camminare su un binario parallelo”. Creatività, concretezza, ma soprattutto ascolto dell’altro sono gli ingredienti necessari per questa ricetta, che vuole portare a un umanesimo riuscito a partire da Cristo, capace di rimettere in piedi anche l’umanità negata. La concretezza è quella che serve per gettare semi di speranza, al di là di teorie o procedure astratte. Il segretario della Cei ha parlato poi di pluralità e integralità, ma anche di trascendenza e interiorità, che nascono dalla consapevolezza che la natura umana non è solo biologica, ma possiede anche una dimensione trascendente, un’anima. Tutti elementi che, qualificandoci, non ci permettono di rassegnarci alla “cultura dello scarto”. Usando un’immagine cara a Papa Francesco, mons. Galantino ha ricordato che la Chiesa deve essere sì “in uscita”, ma verso dove? “Verso periferie esistenziali e culturali – ha ricordato -, senza chiuderci nei nostri circoli, poiché non faremmo un servizio all’umanità e neanche ai poveri, che non sono solo quelli materiali”. Cinque sono le vie che propone la traccia del Convegno ecclesiale (e già presenti nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium) per scandire il nostro cammino: uscire, annunciare, abitare, educare e trasfigurare, consapevoli della nostra identità cristocentrica. Trasfigurare, in particolare, rimanda a quella gioia che porta la dimensione di festa, pensando in particolare alla domenica come spazio di vera umanità nel quale ritrovare i legami familiari e sociali. La relazione di mons. Galantino è risultata ricca di spunti e stimoli per il mondo della scuola, contesto educativo nel quale si possono e si devono percorrere tutte le cinque vie che riportano al vero, nuovo umanesimo. Alla fine abbiamo chiesto a mons. Galantino se, in un’epoca in cui sembra prevalere il “disumano”, vi sia ancora spazio per la carità cristiana. “Non solo c’è ancora spazio – risponde – ma bisogna invocarla sempre di più, perché in fondo, quando parliamo di disumano, parliamo di un umanesimo negato. Questo umanesimo negato potrà diventare umanesimo riuscito soltanto se qualcuno sentirà forte l’urgenza di recuperare, di ridare dignità a coloro i quali sono stati messi in una condizione di disumanità e di scarto”.
Umanesimo per il nostro tempo
EDUCAZIONE. Conclusione del percorso per formatori proposto dai Vescovi umbri, con l’intervento del segretario della Cei mons. Galantino
AUTORE:
Mariangela Musolino