Giovedì 11 giugno, la Giornata regionale di santificazione sacerdotale, presenti arcivescovi e vescovi dell’Umbria e circa 200 presbiteri, si è aperta a Collevalenza presso la struttura di accoglienza del santuario dell’Amore Misericordioso con la recita dell’ora media guidata da mons. Benedetto Tuzia, vescovo di Orvieto-Todi.
Subito dopo, il card. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente della Caritas italiana, ha introdotto il tema dell’incontro, “A scuola dei poveri: quale Chiesa?”, osservando che avrebbe guardato al Convegno di Firenze e al nuovo umanesimo da una prospettiva particolare.
“Infatti – ha detto – “interpreto (è solo il mio punto di vista) il termine ‘nuovo’ puntando l’obiettivo sulla dignità e grandezza che è propria di ogni uomo, e perciò anche sulla ‘carne dei poveri’.
Ci sarà un nuovo umanesimo quando finalmente il povero troverà posto alla mensa dei popoli, e anche e soprattutto a quella preparata dal Signore, che non disdegna far entrare nella Sua casa quanti sono per strada e non calcolati da nessuno. Fino a quando questo non avverrà, ho difficoltà a pensare che sarà possibile un nuovo umanesimo.
Rafforzo questa mia idea contemplando l’immagine del Crocifisso, Amore misericordioso che risorge portando addosso i segni della sofferenza. Possiamo parlare di nuovo umanesimo, perciò, se terremo conto e accetteremo tra noi quanti nella società e anche nella Chiesa sono esclusi, mentre sono il seme del nuovo, il perno e la chiave per imboccare la strada di un mondo diverso e più umano.
Questo avverrà – ha sostenuto il card. Montenegro – nella misura in cui anche l’ultimo della fila verrà preso in considerazione e si vedrà riconosciuta la sua dignità di uomo. Parlerò perciò in modo particolare di poveri e di quale Chiesa vogliamo essere, se vogliamo partecipare a realizzare il progetto della costruzione di cieli nuovi e terra nuova”.
Il Cardinale, dopo aver ripreso affermazioni di mons. Romero e di padre Zanotelli, ha richiamato l’inizio della Gaudium et spes , che non solo sintetizza una delle principali acquisizioni del Concilio Vaticano II in merito alla vita e alla missione della Chiesa nel mondo contemporaneo, ma permette di comprendere anche il senso del cammino delle Chiese italiane negli ultimi cinquant’anni e, nello specifico, il senso del “convenire” a Firenze tra qualche mese.
La Chiesa, infatti, con il Concilio insegna che la fedeltà a Dio si misura con la fedeltà all’uomo: fedeltà fatta di ascolto, dialogo e comprensione, e che deve diventare attenzione, preoccupazione e cura. La Chiesa sa pure che non può presentarsi come via per l’uomo se prima e contemporaneamente non assume l’uomo come via per se stessa.
“Il nuovo umanesimo in Gesù Cristo – ha detto il porporato – si configura come un umanesimo incarnato, che non può non andare nelle periferie più lontane dell’esistenza per portare la speranza cristiana là dove non c’è più motivo per sperare. Un umanesimo perciò che si mette in ascolto concreto, plurale e integrale, d’interiorità e trascendenza”.
Dalla riflessione proposta dal card. Montenegro è emersa una Chiesa consapevole di essere al servizio del mondo, come insiste Papa Francesco, che fa dell’amore per l’uomo il suo credo. Chiesa dell’incontro, del dialogo, dalle “porte aperte”, che sta per strada “con dolce e confortante gioia”, che parla con “audacia… anche controcorrente” e che scandalizza con i gesti dell’amore.
“Lungo la strada è cominciata la Chiesa – ha ricordato il Cardinale citando don Mazzolari -, lungo le strade del mondo la Chiesa continua. Non occorre, per entrarvi, né battere alla porta né fare anticamera. Camminate e la troverete. Camminate e vi sarà accanto, camminate e sarete nella Chiesa”.