Cities for life” è la campagna di sensibilizzazione promossa dalla Comunità di Sant’Egidio contro la pena di morte. Vi hanno aderito 87 nazioni del mondo e 1.444 città, illuminando un monumento-simbolo; anche Amelia ha aderito, illuminando Porta romana e la torre dodecagonale ed organizzando un incontro pubblico con Art Laffin, attivista umanitario dell’organizzazione Dorothy Day Catholic Worker House of Hospitality di Washington. Art Laffin ha raccontato la sua storia di fronte a un centinaio di studenti dell’istituto omnicomprensivo di Amelia. Il 20 settembre 2009 suo fratello Paul fu ucciso da Dennis Soutar, un senzatetto con problemi mentali che fu condannato a sessanta anni di detenzione in una prigione-ospedale del Connecticut. Dopo la morte di Paul, Art e sua madre sono apparsi in pubblico per chiedere pietà per colui che aveva commesso questo omicidio, chiedendo di perdonarlo e pregare per lui. “Molte persone credono che uccidere gli assassini dei nostri familiari porti sollievo, ma in realtà non è così; io mi sono chiesto come poter rendere giustizia a mio fratello, e ho capito che il modo migliore sarebbe stato quello di dare il mio contributo alla prevenzione della violenza e all’impegno per la pace. Nonostante la rabbia, ho deciso di seguire il percorso del perdono”. Sono ancora 34 gli Stati degli Usa che mantengono la pena di morte, e 17.833 i condannati in attesa di essere uccisi; ma il sentire comune degli americani sta iniziando a cambiare anche grazie alle testimonianze di coloro che sono stati nel “braccio della morte”; dal 1973 infatti, sono stati 139 le persone rilasciate perché innocenti. Tra esse, Anthony Groves, un grande attivista contro la violenza; anche grazie al contributo di questi testimoni, un segnale positivo è venuto dallo Stato dell’Oregon che la scorsa settimana ha approvato una moratoria contro la pena di morte. “I politici – afferma Laffin – hanno bisogno di proporre la pena di morte come deterrente per la violenza, ma, in realtà, gli Stati che non adottano la pena di morte non registrano reati superiori a quelli che invece ce l’hanno. E mi chiedo: perché uccidiamo delle persone per far capire che uccidere è sbagliato? Non c’è giustizia senza vita”.