Il problema è di quelli delicati e complessi. Del rapporto tra bambini e televisione si parla da anni, anzi da decenni. Ma solo da poco si è passati dall’analisi delle statistiche – con le ore di parcheggio dei più piccoli di fronte al tubo catodico – al dibattito e alle iniziative concrete per dare qualche regola a chi la tv la fa.
Proprio nei giorni scorsi il Comitato per la tutela dei minori in televisione, presieduto dall’ex direttore del Tg1 Emilio Rossi, ha stilato un primo bilancio di quattro mesi di attività, durante i quali sono state elevate sanzioni per una dozzina di infrazioni. Dunque l’interesse per la tutela dei soggetti più deboli di fronte al piccolo schermo sta crescendo sempre più, grazie anche alla campagna che da due anni sta portando avanti l’Unione cattolica della stampa italiana, presieduta fino allo scorso anno proprio da Emilio Rossi.
Anche in Umbria l’attenzione verso un problema così importante ha fatto notizia proprio in settimana, con la presentazione dell’indagine conoscitiva del Comitato regionale per le comunicazioni su tv locali e minori. I risultati fanno riflettere e disegnano un sistema di emittenza televisiva locale rispettoso dei codici di autoregolamentazione perché profondamente disattento al pubblico dei più piccoli.
Sul totale dei palinsesti visionati e analizzati dal Corecom (quasi 300 ore di programmi delle 11 tv locali umbre), solo il 7,5 per cento è costituito da programmi per bambini. Nella fascia oraria specifica, quella che va dalle 16 alle 19, ci sono solo un 4,55% di cartoni animati e uno 0,11 % di intrattenimento per ragazzi. Per non parlare del fatto che su 9 tipi di cartoni animati trasmessi, ben 7 sono di genere aggressivo e in qualche modo violento. Pochi e pessimi cartoni, dunque, nella fascia protetta, ai quali si aggiungono tante ore di televendite (16,62 %), cartomanzia (16,56 %) e telepromozioni (11,17 %).
Maghi e cartomanti, o presunti tali, glutei e fianchi delle modelle di prodotti dimagranti e di bellezza invadono quasi la metà dei pomeriggi televisivi della regione e sono certo assai poco adatti a un pubblico di bambini. La necessità di riempire i palinsesti, incrementando la raccolta pubblicitaria, e la scarsa varietà delle produzioni autonome delle tv locali (poche risorse e ancor meno professionalità) rende quasi inesistente il rapporto tra emittenti umbre e minori. Nessuna violazione, ma nemmeno un minimo di attenzione.