“ È apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini”: questo stesso annuncio ascoltato nella Notte di Natale, la liturgia lo propone di nuovo all’ascolto domenica 13 gennaio, Festa del Battesimo di Gesù, Festa che conclude il Tempo del Natale.
Seconda lettura
Il brano è tratto dalla Lettera che l’apostolo Paolo indirizza a Tito, uno dei suoi più validi discepoli, per fornirgli direttive in merito all’organizzazione e al governo della comunità a lui affidata (secondo la tradizione, la comunità di Creta). Dopo aver suggerito compiti ed atteggiamenti, l’apostolo addita il fondamento teologico: il Mistero dell’Incarnazione.
Tutto parte da lì. Paolo, servendosi di un’interessante composizione letteraria del ‘tre più tre’ forse per richiamare più l’attenzione, fa presente che il Mistero del Dio fatto carne insegna a vivere “con sobrietà, con giustizia e con pietà” e favorisce così la realizzazione della finalità del sacrificio di Cristo di formare per sé “un popolo puro, che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone”.
Prima lettura
Questo evento di “grazia” a cui Paolo si riferisce e che si è già compiuto, il profeta Isaia lo annuncia. La pagina che ascoltiamo è quella che apre la sezione dei capitoli 40-55 relativa al ‘secondo Isaia’, sezione nota con il titolo di ‘Libro della consolazione’ perché ‘consolare’ è il verbo con cui ha inizio e perché in esso si parla di ‘liberazione’.
Infatti la missione del profeta coincide con il periodo dell’ascesa di Ciro, re dei Persiani, e i suoi primi successi militari (548 a. C.), per cui, interpretando positivamente la politica di Ciro, il profeta annuncia la svolta coincidente con il ritorno dei giudei in Patria (“con il suo braccio lo raduna”). Tuttavia, il ristabilimento della comunità avrà la sua compiutezza nel momento in cui “si rivelerà la gloria del Signore” quando “tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato”.
LA PAROLA della Domenica
PRIMA LETTURA
Dal Libro del profeta Isaia 40,1-5,9-11SALMO RESPONSORIALE
Salmo 103SECONDA LETTURA
Dalla Lettera di Paolo a Tito 2,11-14;3,4-7
Salmo
In risposta a questo messaggio gioioso, la liturgia ci fa pregare con il Salmo 103 che, seguendo lo stesso ordine della cosmologia del cap. 1 del libro della Genesi, si presenta come un’esplosione di lode al Creatore presentato in tutta la Sua gloria attraverso i suggestivi elementi della natura (“fai delle nubi il tuo carro, cammini sulle ali del vento, fai dei venti i tuoi messaggeri e dei fulmini i tuoi ministri”).
Vangelo
La ‘gloria del Signore’ annunciata da Isaia, additata da san Paolo e lodata nel Salmo, si manifesta definitivamente nella persona di Gesù, nel momento del Suo battesimo. Giovanni Battista ha appena terminato di profetizzare l’arrivo di Colui che “battezzerà in Spirito Santo e fuoco” quando, nell’anonimato, insieme a “tutto il popolo”, anche Gesù riceve il battesimo. L’evangelista Luca mette infatti in risalto non solo la grande quantità della gente, ma la ‘totalità della folla’, caratteristica che solo nel Vangelo menziona almeno altre nove volte.
Ebbene, in questo contesto così popolato, Gesù “stava in preghiera”. È soltanto Luca a descrivere questo aspetto della preghiera in seguito al battesimo e prima di avviare l’attività pubblica. La preghiera precederà anche altri eventi importanti come la chiamata dei Dodici (6,12), l’annuncio della Passione Morte Risurrezione (9,18), la trasfigurazione (9,28), l’inizio della Passione (22,41).
Come conseguenza di questa intensa preghiera, si presenta l’apocalittica scena dell’apertura del cielo, della discesa dello Spirito santo e della “voce dal cielo”. Lo “Spirito santo in forma corporea, come una colomba” ci rimanda ai tanti episodi biblici in cui la colomba è allusione e messaggera di periodi prosperi o di realtà entusiasmanti.
Si pensi a Noè e come la colomba è stata per lui presagio di un’umanità nuova (Gen 8,12), al Cantico dei Cantici dove la colomba è metafora della donna amata (Ct 2,14; …), ai profeti che si servono della colomba per alludere alla liberazione dall’esilio (Is 60,8) e anche alla fonte giudaica extrabiblica, Odi di Salomone che, parlando del Messia utilizza una tenera immagine delle colombe protese verso i loro piccoli (28,1; 24,1).
Tuttavia, il significato che sembra più importante è quello di ribadire la reale presenza dello Spirito. È scritto infatti “in forma corporea, come una colomba”, per marcare cioè l’attenzione sulla consistenza dell’azione dello Spirito santo. A questo punto interviene la “voce dal cielo” (elemento quest’ultimo che completa la manifestazione gloriosa della santissima Trinità) che parla a Gesù con il discorso diretto dicendogli “tu sei il figlio mio, l’amato”. Avendo ascoltato tante volte il brano, forse non percepiamo la profondità del significato ‘amato’.
L’‘amato’ (dod) è il protagonista del Cantico dei Cantici, è colui che riversa sulla sua amata tutte le attenzioni possibili mettendone in risalto tutte le qualità e nello stesso tempo si lascia cercare da lei. Come le fonti rabbiniche fanno osservare, ‘amato’ ricorre 26 volte in questo poema d’amore, e il numero rimanda al nome divino (somma delle lettere del tetragramma).
L’‘amato’ è Gesù che, nonostante abbia il privilegio di essere nel seno del Padre assume la condizione di uomo, sposa l’umanità condividendo con essa tutto fuorché il peccato. L’‘amato’ è Gesù e l’‘amata’ è la Chiesa (Cf. Agostino, De pastoribus) e a lei si rivolge dicendole “Quanto sei bella, amata mia, quanto sei bella!”.
Giuseppina Bruscolotti