Scrivo queste righe mentre il mondo intero è sconcertato dall’attentato che poteva costare la vita a Donald Trump. Le conseguenze materiali sono state minime, ma è rimasto turbato lo scenario – già inquietante di suo – delle prossime elezioni presidenziali.
Naturalmente, chiunque abbia a cuore la democrazia e la civile convivenza non può che inorridire per quel gesto di folle violenza e congratularsi con la mancata vittima per lo scampato pericolo. Ma i sostenitori di Trump – e anche i suoi simpatizzanti al di qua dell’Atlantico, sulle rive del Tevere e su quelle del Po – se hanno un minimo di onestà intellettuale non possono addebitare agli avversari politici del partito dell’ex presidente la responsabilità morale dell’attentato. È stato il gesto isolato di uno squilibrato, nelle cui mani era capitata una delle innumerevoli armi da guerra che laggiù hanno libera circolazione come da noi i telefoni cellulari. Al pari di quelle stragi che ogni pochi mesi si ripetono qua e là nelle scuole o nei supermercati e che non hanno altra spiegazione che la follia dei loro autori congiunta alla diffusione incontrollata delle armi.
Quindi se si vogliono i responsabili morali li troviamo proprio nel partito di Trump che difende ostinatamente quel sistema legale e se ne fa vanto. Quanto alla violenza organizzata e applicata alla politica, se negli Usa ce ne è stato un esempio eclatante è stato quello dell’assalto alla sede del Congresso (il parlamento federale) a Washington, il 6 gennaio 2021. Quel giorno il Congresso doveva convalidare l’esito delle elezioni presidenziali con la elezione di Joe Biden.
Trump, candidato sconfitto ma ancora presidente in carica, sosteneva (senza nessuna prova) che il voto fosse stato truccato e pretendeva che il Congresso ribaltasse il risultato. Il palazzo fu assediato per ore e invaso da una folla di rivoltosi, guidata dagli incitamenti di Trump.
Un vero e proprio tentativo di colpo di Stato, che fallì solo perché il vicepresidente uscente, quale presidente di diritto del Senato, si rifiutò di obbedire alle intimazioni di Trump che pure era il suo capo, e firmò la convalida delle elezioni. I due episodi – quella giornata di rivolta del 2021 e l’attentato fallito di questi giorni – non possono essere messi in relazione né tanto meno l’uno può spiegare o giustificare l’altro. Se ne parla solo per dire chi è veramente Trump, e che le sue colpe non possono considerarsi lavate dal gesto criminale di chi gli ha sparato.