Il 20 gennaio, al Museo del duomo, è stata tenuta la terza conferenza del ciclo ‘Catechesi sull’amore’. Relatore mons. Giuseppe Pasini, per dieci anni direttore della Caritas italiana, attualmente presidente della Fondazione Emanuele Zancan e dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero. Presente il vescovo, mons. Domenico Cancian, che si è compiaciuto con il conferenziere per la scelta del tema – ‘Uno sguardo trasformato’ – ricordando come, già nella sua prima enciclica, Benedetto XVI avesse trattato il tema della carità, e come si possa vedere questa sia come strada evangelizzante, sia nel contesto attuale, sia come opzione per i poveri nella testimonianza della Chiesa e della vita sociale. Mons. Pasini ha iniziato ricordando che conosciamo Dio da quanto Egli stesso ha detto, e come l’apice della Sua manifestazione come amore sia nella crocifissione e nella Resurrezione. Fondando la Chiesa, il Signore ci ha ordinato di portare la buona notizia, e questo è possibile seguendo con fedeltà le indicazioni del Maestro. Il quale, come testimoniano i Vangeli, prima ancora di parlare operava, come vediamo in tanti episodi; tra l’altro, chinandosi a lavare i piedi degli apostoli prima dell’Ultima Cena. Una fedeltà – ha ricordato l’oratore – che deve essere intesa in senso sacramentale e anche come annuncio e testimonianza della vita. Si è soffermato poi sulla carità come elemento distintivo del cristianesimo, ‘non specie di assistenza sociale, ma espressione irrinunciabile della sua stessa essenza’. I cristiani, nonché i cattolici, non costituiscono oggi una maggioranza e non sono molte le persone che frequentano le chiese. C’è da ricordare però che si può comunicare il Vangelo con le proprie opere, la propria vita: basta qui pensare a madre Teresa di Calcutta. Ha ricordato anche come, con la nascita della Caritas, è stata creata una nuova coscienza della carità, divenuta compito della diocesi e del suo vescovo; e ha parlato del volontariato che richiede un estremo riguardo della persona per la quale si opera. C’è poi da tener presente che in alcuni casi, quando si aiutano i poveri a uscire dal loro stato, carità significa anche lavorare per la giustizia. Così come si opera per la giustizia reagendo ad ogni forma di razzismo. Il conferenziere non ha mancato di trattare della carità istituzionale, affermando che non è concepibile che il popolo di Dio non si faccia carico dei bisogni della sua comunità. Esaminando la situazione attuale italiana ha ricordato l’impoverimento progressivo che c’è stato e c’è nella popolazione. Statisticamente, oggi, 7 milioni e mezzo di persone si considerano povere, e ben circa 15 milioni sono considerate a rischio di povertà. E vi è anche la tragedia di quanti, pensando di provvedere al loro futuro, non possono più far fronte al mutuo contratto per l’acquisto di una casa. A questo proposito ha ricordato come, a livello di diocesi, stia nascendo a Milano un Fondo per aiutare quanti si trovano in questa difficoltà. Soffermandosi sulle disuguaglianze sociali, ha osservato, cifre alla mano, come queste si dilatino sempre più, in Italia come nel mondo. A questo proposito ha ricordato le parole del Pontefice per cui il superamento della povertà esige un modello di sviluppo realizzato a partire dai poveri. Seguita attentamente la conferenza dai molti ascoltatori, e vari gli interventi, fatti anche in base a esperienze degli intervenuti; a cui sono state date pertinenti riposte.
Trasformati dalla carità
Diocesi. Terza conferenza del ciclo 'Catechesi sull'amore'. Relatore mons. Giuseppe Pasini della Fondazione Zancan
AUTORE:
Eleonora Rose