Oggi, 6 agosto, chiudiamo in redazione questo numero con il quale ci salutiamo per la pausa estiva. La Chiesa celebra la festa liturgica della Trasfigurazione, di quando Pietro, Giacomo e Giovanni, saliti sul monte con Gesù a pregare non ressero alla stanchezza e “quando si svegliarono videro la sua (di Gesù) gloria e due uomini che erano con lui”. Il Vangelo di Luca spiega che “mentre pregava” il volto di Gesù “cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida”, e annota che i discepoli “tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto”.
In quei giorni. Perché poi quella visione non solo l’hanno raccontata ma ha illuminato la comprensione della storia del loro maestro – tanto che è narrata nel Vangelo – e della loro storia. E li ha sorretti nelle prove che hanno dovuto affrontare.
Questo racconto mi riporta alla mente una meditazione udita tanti anni fa da un vecchio frate. Diceva che per riconoscere il peccato era necessario posare lo sguardo non sul peccato ma su Dio, perché solo quando si conosce il suo volto, la sua bellezza, è possibile riconoscere il suo contrario.
È vero non solo per chi crede. Vale anche per la musica, per l’arte, ma anche per il cibo e per la danza e per tutto quanto la creatività dell’uomo può trasformare: se “frequenti” il meglio sai riconoscere ciò che non vale. Lo sa anche quella preside di una scuola in una città del sud Italia che ha voluto dare ai suoi studenti delle aule pulite, ordinate, accoglienti, lottando contro il disinteresse e la burocrazia, perché è importante mostrare che un altro mondo è possibile, un mondo dove non sono l’odio, la malavita e il disinteresse a comandare ma la collaborazione, la solidarietà, l’impegno di ciascuno per il bene di tutti.
L’invito, dunque, è quello di sfruttare queste giornate estive per riportare lo sguardo “oltre” su ciò che conta e fa bene al cuore, ed anche ritrovare uno sguardo “altro”, come gli artisti venuti dall’estero che a Scheggia hanno trasformato un funzionale ma triste tetto piatto coperto di carta catramata in una terrazza aperta sull’ampio orizzonte.
Con una semplice scaletta in legno che porta ad una piccola piattaforma in legno, con una panca e un ombrellone, il tutto rigorosamente bianco, il triste tetto nero non è scomparso ma è stato trasformato da chi ha saputo vedere lì non un problema ma una opportunità.
E quella “terrazza” ha cambiato lo sguardo sull’orizzonte anche di chi in quel posto ci vive da sempre. Ecco, forse ciò che serve alla nostra società – e a noi stessi – è la creatività dell’artista che sa vedere “altro” nella realtà di ogni giorno. Ci piace pensare che coloro che scelgono di impegnarsi con gli altri sono coloro che non temono di essere creativi per cambiare il mondo. In meglio.
Buona estate!