Anno 1264. Sono trascorsi 750 anni da quando a Orvieto, il papa Urbano IV emanava la bolla Transiturus mediante la quale istituiva per tutta la Chiesa cattolica la festa del Corpus Domini. Un evento giubilare che ha offerto alla diocesi di Orvieto-Todi l’opportunità di attingere grazia e rinnovamento a quel mistero di bellezza che è l’eucaristia.
Ma cos’è l’eucaristia? È l’ultima invenzione, l’ultimo ritrovato dell’amore incredibile che Gesù ha avuto per noi. Egli aveva assicurato ai suoi discepoli: ricordatevi sempre, anche quando ci saranno tempeste nella vostra vita, quando sarete delusi, quando sperimenterete un tradimento, un abbandono, quando una tempesta di scetticismo si abbatterà sul vostro operato, ricordatevi che tutti potranno abbandonarvi, ma io no! “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, per sempre”. E come ha mantenuto questa promessa? Mediante i sacramenti, e soprattutto l’eucaristia. In quel banchetto noi rievochiamo tutto il passato della storia della salvezza e tutto il futuro di gloria che ci attende. È tutto il Mistero pasquale di morte e di risurrezione che giunge a noi, e ne siamo coinvolti.
C’è un figlio della nostra terra, un discepolo di san Francesco, Jacopone da Todi, il quale con l’animo di un innamorato di queste cose ha espresso in versi il suo amore incontenibile verso Gesù eucaristia. Mentre era in carcere – rimase prigioniero per cinque anni -, scrisse le Laudi, specchio del suo amore. “Sono giunto, Gesù, al porto dove vorrei naufragare, rimanendo abbracciato a te”.
Così Jacopone si rivolge a Gesù:
“Amore, amore Gesù
son giunto al porto,
amore, amore Gesù
damme conforto…
Amore, amore grida tutto il mondo,
amore, amore tanto sei profondo.
Amore, amore lo cor me si spezza,
amore, amore tramme a tua bellezza,
amore, amore per te sì son rapita,
amore, amore l’alma teco unita.
Amore, amore Jesù desideroso,
amor, voglio morire te abbracciato,
amore amore Jesù
dolce mio sposo,
amore amore Jesù
sì dilettoso,
Tu me t’arrendi
en Te me trasformando.
Pensa che io vo spasmando.
Jesù, speranza mia,
abissame en amore”.
È bellissimo questo “abissame”: fammi annegare nel Tuo amore. Tutto questo avviene nell’eucaristia. Jacopone ci insegna lo stupore amorevole verso di essa. Di fronte a quel Corpo, noi spesso abbiamo perduto la meraviglia. Siamo abituati a guardare al tabernacolo nelle nostre chiese. Guardiamo quasi senza emozione a quel portellino ricoperto da tendine ricamate.
Sapere che lì dentro c’è il Figlio di Dio nella sua carne dovrebbe essere fonte di meraviglia inaudita. Invece quello che spesso ci manca è questa capacità di estasi, un’attitudine allo stupore. Penso che il guardare con meraviglia alla realtà di questa divina Presenza sia un’attitudine da affinare. È come “rifare la punta” alla matita della nostra sensibilità spirituale.
Domenica scorsa abbiamo celebrato in modo straordinario la festività del Corpus Domini promossa da Urbano IV a Orvieto. Celebrare questa solennità ha significato anche rispolverare quella “meraviglia eucaristica” troppo spesso annebbiata dall’abitudine. Una meraviglia che nasce dalla contemplazione di un Dio che si dona in forma così “esagerata” e che chiede di fare altrettanto. È una meraviglia che, davanti a questo Mistero, ci indica la vera radice di bellezza della vita: l’esistenza umana è bella solo quando è donata. E il segno di questa bellezza è in qualche modo custodito in una forma speciale in quello scrigno di bellezza che è la nostra cattedrale di Orvieto.