Il volontariato, e cioè il mettersi liberamente a servizio in opere assistenziali e sociali per chi è nel bisogno, è motivato non solo dal piacere di fare qualcosa di significativo in sé, ma anche dal desiderio di essere utili nel momento del bisogno. E il tutto gratuitamente, non perché “pagati” o con l’implicito sottinteso del do ut des, ma solo per la soddisfazione di vedersi utili per qualcosa di bello e di interessante, che torna a vantaggio della comunità. Tale disponibilità, che un tempo era assai diffusa, è andata scemando sempre più. A tutto deve ormai provvedere l’ente pubblico, anche ai giochi e agli intrattenimenti collettivi che vanno inquadrati come “spese sociali”, gravando anch’esse, quindi, sul “debito pubblico”. Sta venendo meno – purtroppo – la fitta rete, un tempo tradizionale, della solidarietà e dell’investimento gratuito, soprattutto sul piano dell’assistenza; si perde così il valore dello spendersi volontariamente per chi è nel bisogno. Il volontariato è riservato, semmai, ad alcune attività ludiche che non infastidiscono più di tanto. È importante, invece, riscoprire la gioia dello spendersi gratuitamente per gli altri, soprattutto per quelli che meno hanno, meno sanno, meno possono, meno riescono… La vita, a guardarla bene, è più una gara di solidarietà che una corsa solitaria. Di “dono” cominciano oggi a parlare persino gli economisti, come di un principio operativo importante per la stessa produttività. Riscoprire perciò la bellezza e la forza dell’insieme, della collaborazione, dello spendersi per il bene di tutti, della gratuità, è un fattore educativo di primaria importanza. Tornare ad educare – già nell’infanzia e nella scuola – al volontariato gratuito, al dono, alla collaborazione, all’attenzione operosa verso chi è nel bisogno, è un’esigenza formativa di primaria importanza, trattandosi dell’apprendimento pratico di un alfabeto sociale non meno utile di quello letterario. Il senso religioso della vita è, a questo proposito, un fattore di mobilitazione d’importanza decisiva.
Anche oggi non mancano al riguardo esempi illuminanti: non c’è solo Madre Teresa di Calcutta o l’abbé Pierre, ma anche tanti missionari e missionarie, laici e laiche, giovani d’età, i quali fanno del bene gratuitamente ovunque, anche in ambienti con ideologie mortificanti. Non dicono, ma fanno, gratuitamente, anche se di loro i “giornaloni” non parlano mai. La Chiesa ha educato ed educa da sempre a questo gratuito volontariato sociale: si ricordino le opere dette abitualmente “di misericordia”, gestite in antico da aggregazioni di volontari quali le Fraternite, o anche ai nostri giorni, gli oratori o le Caritas, e tante sconosciute ma efficaci opere assistenziali diffuse nel territorio. È quello che dobbiamo tutti riscoprire, anche come necessario e urgente dono relazionale. Del resto, a voler guardare a certa nostra tradizione di civiltà anche nei suoi aspetti socio-economici, troviamo qui elementi fondanti della cultura sociale cristiana quali il personalismo, la sussidiarietà, e la solidarietà, che prendono l’abbrivio proprio dal volontariato, dal quale consegue la responsabilizzazione delle persone con la valorizzazione del merito e, conseguentemente del capitale umano. Il volontariato, infatti, nascendo da valide motivazioni ideali, si apre quasi necessariamente ad una collaborazione attiva che sa anche organizzarsi e farsi politica, e politica economica, per conseguire gli scopi desiderati.