A chi rientra da sud nel suo territorio, la diocesi di Gubbio appare particolarmente sguarnita di sacerdoti. Ma tornando da nord, da Cantiano-Scheggia-Costacciaro, le cose non vanno meglio. Sul piano della nostalgia, quando passo da quelle parti mi giganteggia davanti la fede intemerata del mio don Lorenzo Biagiotti: uno di quegli uomini dei quali lì per lì non percepisci la grandezza, ma che col tempo ingigantiscono. E poi quanti episodi, a contorno di quella fede intemerata! Come quando lui e il penitente che aveva appena assolto in confessione si alzarono insieme, dalla sedia e dall’inginocchiatoio, e don Lorenzo gli salì sull’alluce con le sue scarpe chiodate, e quello bestemmiò, e don Lorenzo, già in ritardo con la messa, lo ghermì con la sinistra alla spalla e con la destra lo assolse di nuovo, ‘al volo’: più tardi avrebbe dato la spiegazione teologica di quella decisione improvvisa e provvida: ‘Il dolore c’era, ché il piede gliel’avevo pistato io!!’. Crisi delle vocazioni? Nel 1953 eravamo 5 (cinque) i seminaristi di Scheggia (mille abitanti) al Regionale di Assisi. Lui ci si faceva accompagnare ogni tanto; l’auto l’avrebbe acquistata ormai anziano (la patente gliela regalarono); quella 126 verde cupo seminò il terrore nelle strettoie delle strade appenniniche; noi abitavamo di fronte alla casa parrocchiale, e quando mio fratello Bruno sentiva ruggire il motore, segno che il ‘monstrum’ stava per uscire dal garage, a balzelloni, dalla strada dava una voce a sua moglie: ‘Nerina! Archiama i fij, ché esce don Lorenzo!!’. A Natale del 1953 venne ad Assisi e s’incantò di fronte al Presepio, ma le luci che li disegnavano sulla carta velina erano a tempo; e don Lorenzo caricò più volte la troppella, fino all’ultima monetina, poi rovesciò verso il basso il borsellino vuoto e, con un gesto tra l’affettuoso e il desolato, si rivolse al Bambinello: ‘Cocco mio, del resto ‘l mondo è tutta ‘na fregatura!’. Se do la stura ai ricordi, finisco domattina. Ma come pregava! E come era fedele alla residenza! Dio, Cristo la Chiesa: non pensava ad altro. Oggi in quelle plaghe spicca la costante saggezza del grande don Fausto, soprannominato Mons. Panfili, e don Nando e don Gaetano, non più adolescenti, muovono i loro primi passi da pastore, don Nazzareno gli ultimi’: ma quante case canoniche vuote, senza nessuna possibilità di essere abitate da preti per i prossimi decenni!