E’ davvero una grande emozione per noi commentare questo che è stato il Vangelo proclamato nel giorno del nostro matrimonio. Quei 24 anni fa, abbiamo scelto di lasciare le letture del giorno, rispettando la liturgia e accogliendo quello che il Signore volesse dirci in quell’occasione. Effettivamente lì per lì non abbiamo capito fino in fondo la portata di queste dure e incomprensibili parole, così inconsuete da proclamare nell’occasione di un matrimonio. Rileggendole oggi dopo 24 anni (li festeggeremo proprio in questa settimana) esse assumono un senso molto più profondo: quello di un programma di vita per la coppia e per la famiglia, che dopo tutti questi anni assumono anche il significato di una revisione.
In questo brano Gesù ci dimostra quale realmente sia la qualità della sequela e che cosa significhi operare e testimoniare sulla via della pace e della nonviolenza attiva. I discepoli inviati a preparare la strada al Messia si sentivano autorizzati a non essere per niente tolleranti verso chi dimostrava di non accogliergli (specialmente verso i samaritani, cordialmente detestati come gli eretici del tempo), ma la risposta di Gesù è, come al solito spiazzante, lontana da ogni metro di giudizio umano… e si beccano l’ennesimo rimprovero, perché egli vive radicalmente quell’amore per il nemico che insegna (cfr. E. Bianchi, Commento al Vangelo della XIII domenica del tempo ordinario). Così è chiesto di fare a chi vuole seguirlo.
L’entusiasmo evangelizzatore non può trascendere verso la violenta discriminazione di chi non la pensa allo stesso modo. La fede nella verità non può diventare ideologia, perché l’ideologia difficilmente crea relazione e dialogo, e spesso sfocia nella violenza verbale e talvolta anche fisica. Nessuno ha la verità in tasca: se così fosse, non avremmo bisogno dello Spirito che conduce il cristiano alla Verità tutta intera (Gv 16,13). Lavorare in famiglia sulla dimensione della pace cristiana apre così tanti ambiti di approfondimento che non basta lo spazio che abbiamo. La coppia è di certo un luogo in cui si sperimenta da subito la necessità di vivere una pace che non è rassegnazione o sottomissione, ma che anzi diventa feconda quando incarna la scelta di educare i figli su questo tema, che tocca vari aspetti: dalla convivenza familiare all’apertura della casa, al fare esperienza di ciò che provoca la mancanza di pace con l’accoglienza e la condivisione di situazioni critiche.
“Ti seguirò dovunque vada”. La sequela richiede adesione totale e fiducia in Gesù, ma l’entusiasmo evangelizzatore non deve diventare velleitarismo. Un cammino che si fondasse esclusivamente sulla propria energia e sulle proprie convinzioni rischierebbe di cozzare violentemente contro la Croce, come succederà a Pietro. Gesù sembra proprio mettere in guardia da questo pericolo. È vero, la fatica fa parte del percorso, e talvolta non si ha tempo nemmeno di posare il capo e riposare un po’, né di mangiare né di bere. Ma con Gesù questa fatica è sempre ripagata dalla consapevolezza che si lavora a un progetto che va al di là della nostra comprensione e della nostra capacità di realizzarlo. O ti fidi di lui o ti fidi di te stesso. Il bellissimo Salmo 15 ogni notte di Pasqua ci ricorda che il sentiero della vita che il Signore ci indica è gioia piena, perché alla Sua presenza; e dolcezza senza fine, perché sta alla sua destra.
“Lasciami salutare mio padre”: questa è sempre una parola molto difficile da accettare. Difficile tagliare il cordone ombelicale. Fa male. Ma è necessario, se vogliamo che una vita nuova cominci. Eliseo torna indietro a salutare il padre; Gesù non lo permette al suo interlocutore. Perché è importante il come lo si fa. Se tornare indietro significa non avere il coraggio di lasciare il passato per il nuovo, allora non si deve tornare indietro. Ma non si deve nemmeno far finta che il “prima” non sia mai esistito e radere al suolo tutto quello che è stato il cammino, anche faticoso, che conduce, per esempio, una coppia a sposarsi. Da questo delicato equilibrio nasce una nuova famiglia, capace di trarre forza e coraggio dalla storia da cui proviene e che l’ha formata, ma senza rimanere abbarbicata sterilmente a essa, perché in questo caso ne conseguirà una paralisi. È la nostra storia, da cui prendiamo lo slancio per un salto verso una nuova vita, una nuova esperienza.